martedì 12 gennaio 2010

L'intervista - SERGIO ALGOZZINO
























SERGIO ALGOZZINO: ANDANTE, CON BRIO
di Manuela Capelli


(Satura - trimestrale di arte, letteratura, spettacolo, N° 8/2009 www.satura.it/)


Non può prescindere da un riferimento musicale un titolo su Sergio Algozzino, fumettista (e non disegnatore di fumetti!) che, letterariamente, orchestra ogni sua vignetta. Fil rouge della sua produzione, la musica entra ed esce dalle sue opere, mentre lui si trasforma di volta in volta in ascoltatore, musicista, illustratore di libretti musicali, e creatore di fumetti a tema.
Classe ’78, Algozzino vanta nella sua pur giovane storia, esperienze – significative - da colorista, scrittore e saggista. Nonché, divulgatore.
Negli anni, lo vediamo passare dalle pagine di Fandango (Panini Comics) che lo accolgono nel 2000, alla collaborazione con Red Whale a Spider-Gek, la strip creata insieme a Manlio Mattaliano, pubblicata ogni mese sulle pagine dell’Uomo Ragno (una striscia umoristica che ha per protagonisti le mascotte animali dei supereroi della Marvel). Ma è il 2007 l’anno della svolta, con la pubblicazione – in Francia - del primo libro completo, Pluie d’été per l’editore Les Humanoides Associés, edito in italiano nel 2008 dalla 001 Edizioni, con il titolo “Pioggia
d’estate”.
Lo stesso anno in cui realizza per le edizioni Beccogiallo, l’omaggio a Faber dal titolo “Ballata per De André”, graphic novel dai toni dolceamari, con cui Algozzino rende il suo ultimo, personalissimo saluto al cantautore genovese. Un fumetto che è quasi un testo teatrale, sul cui palco di vignette salgono i protagonisti di alcune delle canzoni più famose di De André: Bocca di rosa, Tito, Marinella, il bombarolo, il giudice, il gorilla. Ma Algozzino è anche… ironia. In Francia, infatti, pubblicamensilmente sulle pagine del Launfest Mag delle edizioni Soleil le strisce di Epictete, le avventure di un cane scritte da Guillaume Bianco, di cui nel 2009 esce il primo volume monografico.
L’uomo saggio che si nasconde dietro l’autore si rivela invece nella pubblicazione “Tutt’a un Tratto – Una storia della linea nel fumetto”, edita nel 2005 da Tunué, dove Algozzino tratteggia l’itinerario percorso dalla “linea”, elemento fondante del fumetto in quanto linguaggio grafico-narrativo, in oltre un secolo di storia di letteratura disegnata.
Fra le sue interpretazioni, lo vediamo anche insegnante presso la Scuola del Fumetto di Palermo e fondatore del portale didattico Kinart
(www.kinart.it), il primo sito italiano che pubblica gratuitamente Tutorial di professionisti del fumetto. Proprio in uno di questi è lui stesso a raccontare la realizzazione di una piccola storia a fumetti ispirata al testo di una canzone, per la rivista “Mucchio selvaggio”.
Vedere la nascita del progetto – dallo storyboard alla scelta dei pattern (per The Musical box dei Genesis) - è come entrare nell’atelier e osservarlo al lavoro. Che è poi il principio del suo ultimo lavoro, il graphic novel “Comix show”, storia di Andrea, alter ego dell’autore, alle prese con un’impellente scadenza.
Nel frattempo, la musica torna a chiamarlo per la realizzazione dei disegni del video Mr. Man del gruppo dei Joy Cut: un video animato,
sorto dai disegni realizzati per il libretto. Del resto, per lui, la musica “è la più grande esperienza multimediale cui si possa aspirare,
ed è lì, sotto gli occhi, anzi le orecchie, di tutti: rimane attaccata alle ossa, ha il potere di rievocare non solo ricordi, parole o immagini, ma anche odori.”
Lo stesso effetto che Algozzino è riuscito a ricreare nelle pagine di “Ballata per Fabrizio De André” che, diventando sempre più chiare
come il tratto che incornicia le tavole, evocano la presenza del loro autore: nei quattro atti dell’opera, infatti - l’incontro, la veglia,
il funerale, il commiato – emerge in sordina quello che è stato giustamente chiamato “un manifesto della poetica di De André”. Appassionato da sempre del cantautore-poeta, Algozzino ha scelto l’originale approccio del suo lavoro ispirandosi a una struttura che
aveva potuto già amare “in un numero di Ken Parker con protagonisti i vari eroi del fumetto, la conclusione di Sandman, con la
carrellata di personaggi riuniti per l’occasione. Trovata la chiave, fu abbastanza semplice definirne la struttura. I dialoghi e la sceneggiatura, invece, hanno avuto una gestazione più tormentata.”
Dialoghi brevi, incorniciati dalla linea grafica tremolante che è ormai il segno distintivo dell’autore, una tecnica sorta per caso per
un episodio di Epictete in cui si supponeva che Algozzino si fosse rotto il polso. Una linea che rende perfettamente lo spaesamento
di questi “personaggi in cerca d’autore” nello scoprire che il loro, di autore, non potrà più dar loro voce. Dialoghi brevi, dicevamo,
ma intensi, nati dall’ascolto, ogni volta nuovo, della discografia di De André: perché la magia della musica è proprio far scaturire ogni
volta un’emozione.
Lo stesso effetto prodotto da un altro genere di musica, il suono della Pioggia d’estate, rapida e improvvisa,ma indimenticabile: come
i ricordi del libro omonimo in cui Algozzino fa un tuffo nel passato: dal Commodore 64 ai Transformer si apre un mondo in cui tutti si possono rispecchiare, perché i suoi ricordi sono ricordi di una generazione e, in questo senso, diventano universali. Un mondo narrato con quello stile intimistico – umoristico che a volte fa sorridere, a volte rende malinconici: l’auto-fiction che, tanto amata in Francia, ha fatto sì che proprio i nostri cugini transalpini stampassero la prima edizione.
Ma Algozzino è amore per Palermo, per l’Italia, ed è l’edizione dedicata ai suoi conterranei che ha voluto arricchire con uno dei suoi sogni di bambino, come si vede nel libro: oltre a due nuovi episodi, ha infatti inserito un’introduzione e, soprattutto, un backstage con alcuni storyboard e matite, ovvero il suo bisogno di divulgazione. Una qualità da approfondire.

Tu insegni alla scuola del fumetto di Palermo, ma hai anche fondato il portale Kinart, che raccoglie tutorial di vari fumettisti, disponibili per chiunque gratuitamente. Perché per te la divulgazione è un aspetto così importante?
Non ho frequentato una Scuola del Fumetto, e tutto quel che so l’ho conquistato con fatica, rubando informazioni quando potevo, rompendo
le scatole a tutti i professionisti che trovavo in giro, o andandoli a cercare quando iniziai a frequentare lemie prime fiere del fumetto. Sono ancora convinto che un cammino individuale ti faccia apprezzare meglio quello che impari, perché lo fai con le tue forze, ma bisogna anche saperlo prendere nelmodo giusto, e una scuola riesce ad accelerare notevolmente i tempi di apprendimento.Ma dipende tutto da te, sempre.
In adolescenza avrei sognato un portale come Kinart, dove potere andare a fare le mille domande che avevo in testa, e ringrazio tanto tutti gli autori che come me credono nel progetto e che ogni giorno aiutano qualche disegnatore in erba.
Sotto lo stesso punto di vista si possono inserire i “dietro le quinte” che realizzi alla fine di alcuni tuoi lavori? Una
forma di divulgazione?

Quella è più una conseguenza del mio amore viscerale per il fumetto, che fin da piccolo mi ha sempre portato a disegnare vignette e non illustrazioni singole, così, alla fine di una storia, mi divertivo a rilegarla, aggiungere una introduzione, a volte una finta pagina della
posta e l’immancabile backstage, perché era quello che amavo trovare in un fumetto quando lo acquistavo, anche se in realtà non c’era quasimai. Fa parte dellamia continua voglia di conoscenza del mezzo.
Pioggia d’estate è una sorta di autobiografia: torni indietro nel (tuo) tempo. Come permolti scrittori, anche in letteratura, un inizio classico. Non si è mai troppo giovani per ricordare il passato?Pioggia è per me una autobiografia piegata ai miei voleri: non ho l’età per permettermi di raccontare chissà cosa, dunque gioco su quelle piccole cose che abbiamo in comune tutti (il liceo, i videogiochi, i cartoni animati, i luoghi che ti hanno segnato, ilmare, i giocattoli...), che non metteremmo mai in una biografia ufficiale ma che ci portiamo dietro giorno dopo giorno, e che amiamo ricordare insieme agli amici. E’ soltanto una mia visione delle cose, senza impormi nellamemoria di nessuno, cercando solo di stimolare emozioni e ricordi sopiti.
Fumetto e cinema: quali sono i tuoi riferimenti in questo campo, che per molti fumettisti è un’ispirazione importante?
E, da un punto di vista più tecnico, ritieni che ci siano inquadrature che sono ormai parte del tuo modo di disegnare più di altre? Con cui rendi meglio la tua visione del mondo?Fumetto e cinema sono fratelli, si annusano fin dalla nascita e si influenzano vicendevolmente. Amo il cinema e ancor più, ultimamente, le serie tv, che hanno un linguaggio ancora più vicino al fumetto seriale. Non credo di avere delle inquadrature preferite, ma sono un fanatico dei “tagli” delle vignette, di quello che si sceglie di inserire, da lì il mio amore per artisti del calibro diAlexToth.
Sempre a proposito dei rapporti con le altre arti, ho letto sul tuo blog che “è sbagliato giudicare i fumetti utilizzando,
come si è soliti, i parametri della pittura moderna. Per asserire infatti che il fumetto ha una sua dignità è necessario
sdoganarlo dai continui paragoni”. E utilizzare canoni propri, deduco. Quali potrebbero essere, secondo te?

Io dico che il fumetto è un’arte a parte, l’arte del fumetto, per l’appunto, ed è quindi sbagliato giudicare un fumetto in base ai parametri della pittura, e quindi riconoscere se un disegnatore è più artista di un altro solo in base a quello. L’arte del fumetto è molto di più, noi che la pratichiamo lo sappiamo bene,ma se noi stessi ci ostiniamo a distinguere graphic novel da fumetti seriali, dividendoli, facciamo già un
grosso errore: ci sono numeri di Dylan Dog chemeriterebbero un posto in libreria ben più che certi volumi cartonati e ben presentati.
Disegno umoristico e disegno realistico: fra i due generi timuovi senza difficoltà. Tu hai una preferenza fra i generi?
Credo di no, fra l’altro nelle storie che scrivomischio volentieri, narrativamente, tutti e due i generi. Questo, credo, dipende dalmio amore per il fumetto giapponese, che riesce a inserire momenti demenziali in storie a volte serissime, anche cambiandomodo di disegnare
in quella stessa vignetta. Tezuka è un altro maestro assoluto.
“Io so che della sua infanzia ricordava soprattutto la casa di sua nonna”: nella Ballata è Angiolina a pronunciare
questa frase che mi ha fatto venire in mente i tuoi continui riferimenti a tua nonna. Gli affetti, ilmare, l’amore
per la propria terra… non c’è solo la musica a legarti a De André.

No, il legame con De André è molto più profondo, mi rispecchio in molte delle sue idee, di conseguenza amo la sua musica, non so cosa viene prima in effetti, ma di certo non mi fermo solo all’ascolto di una sua canzone. In questo, realizzare Ballata mi ha aiutato molto a focalizzare tutto quel che amo di lui.
Ho letto che “Nuvole” è stata il primo album che hai ascoltato di De André: un significativo preludio di questo tuo incontro con Faber. Oltretutto la canzone omonima recita “Certe volte sono bianche e corrono e prendono la forma dell’airone o della pecora o di qualche altra bestia ma questo lo vedono meglio i bambini che giocano a corrergli dietro per tanti metri”. Anche i fumettisti lo vedono?
Noi fumettisti viviamo di fantasia, e di deformazione della realtà, anche il fumetto più realistico è comunque un’interpretazione
di quello che ci accade intorno, non sarà mai un documentario freddo e impersonale. La lavorazione: per te viene prima la parola
o il disegno? Hai detto che Pioggia d’estate è un libro in cui “ho scritto tantissimo, pure troppo, ci sono alcune tavole strabordanti di testo e didascalie, ma non toglierei una virgola.”
Quanto ti impegna, nella realizzazione, la scelta del linguaggio?
Devono essere di pari passo, Pioggia ha tanto testo ma non avrei potuto fare Ballata in quel modo, diciamo che dipende dalla storia e dal tipo di fumetto che sto realizzando. Generalmente non decido nulla,mi lascio trascinare dalla storia, dai personaggi e il linguaggio verrà da sé.
Nomini spesso la Passione che ti guida.
Passione deriva dal latino “patior”, soffrire. Una condizione che si subisce, un’emozione che è più forte di noi…Sei un fumettista romantico (nel senso storico-artistico del termine, ndr)?
Ho paura di sì.Mimuovo solo seguendo lamia passione, che in primis è per il fumetto ma che in realtà è per un mucchio di cose... sono carico di passione, il che è veramente una sofferenza, perché difficilmente riesco a dire di no a qualcosa che mi piace, e, appunto, sono davvero tante le cose mi piacciono...
Per concludere, quali strade ti farà seguire ancora la tua “linea”?
Non lo so, il che è un drammama nello stesso tempo è un sollievo. L’anno prossimo potrei trovarmi a scaricare cartoni da un camion, è un lavoro difficile da sostenere con costanza, ma ho tante storie che vorrei raccontare, e qualcosa, prima o poi, uscirà fuori.


Immagini di proprietà di Sergio Algozzino

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