martedì 23 novembre 2010

INTERVISTA A SUALZO... PARTE SECONDA

Ed ecco le ultime  domande - e risposte - dell'intervista a Sualzo che, vi ricordo è uscita sul numero 11/2010 di Satura (www.satura.it). Buona lettura! 

Elia dice “la poesia mi attira per la musica che porta con sé” e fra le citazioni che aprono i capitoli del libro c’è un’alta percentuale di poeti. È evidente che per te il rapporto è molto forte. Anche il fumetto può essere poetico. Ma musicale? Tecnicamente, intendo, non potendosi far sentire.
Nella mia storia la poesia è venuta proprio in soccorso di questa mancanza di audio del fumetto. Attraverso la cosa più simile alla musica che si possa leggere su carta, ho cercato di evocare il ritmo e le armonie che mi era impossibile riprodurre con la matita. Poi è chiaro che il lettore mi debba dare una mano mettendoci del suo.

Il tuo tratto è pulito, senza sbavature, con un’ottima resa scenografica. Ti consideri un esponente della ligne claire?
Ho amato molto la ligne claire, la sua evoluzione e, perché no, negazione che ha avuto negli autori francesi che ricordavo prima.

Il fumetto e i nuovi media: quale futuro ha, secondo te, questo futuro? E sempre per rimanere in tema, il linguaggio del fumetto come deve – se deve - cambiare?
Credo che il fumetto possa e debba affacciarsi e “abitare” altri media, compresi quelli di ultima generazione (io sono un gran frequentatore di blog fumettistici, per esempio), in quanto parte della nostra vita culturale, ma che rimanga profondamente legato al suo supporto naturale.
Questo almeno per me. Il linguaggio del fumetto sta cambiando di continuo, senza cancellare ciò che c’era prima semplicemente fa convivere (come il jazz del resto) nuovi e vecchi approcci senza troppi conflitti, a parer mio.

Autobiografia: la storia di Elia è la tua storia. Quanto è facile raccontare se stessi?
Raccontare se stessi ha la facilità di raccontare una cosa che si conosce molto bene e al tempo stesso la difficoltà di accettare di passare sotto la lente tutte le cose che non ti piacciono di te stesso. Io devo dire che ho risolto concedendomi dei piccoli “tradimenti” alla storia dove lo ritenevo utile al libro. Come dico sempre: le parti più improbabili sono reali, le altre me le sono dovute inventare.

A cosa stai lavorando adesso? Puoi darci qualche indizio? Magari una citazione di apertura...
In questo momento è troppo presto per poter dire qualcosa. Ma sto lavorando a una storia che parte da questa citazione di Giorgio Caproni:

“Apriva una campana la mattina,
ma era già tardi, tardi.
E io ero alla guerra senza ripararmi”.
Fra un anno mi spiegherò meglio.

Un’ultima domanda: nella postfazione al tuo libro dici che anche la tua trama ha cambiato rotta. L’improvvisazione è anche il segreto di una buona storia?
Senza dubbio. Come potrei vantarmi di “contenere moltitudini” se non le lasciassi prendere il sopravvento proprio quando scrivo?