tag:blogger.com,1999:blog-80730115213087815292024-03-13T09:17:17.356-07:00M!(scrittricetraduttricesceneggiatriceinpocheparolecomunicatrice)emmehttp://www.blogger.com/profile/18402574814340462580noreply@blogger.comBlogger33125tag:blogger.com,1999:blog-8073011521308781529.post-27353602580897315932014-02-25T04:45:00.002-08:002014-02-25T04:45:55.303-08:00Mi trovate anche su... Lo Spazio BiancoL'anno scorso è iniziata una nuova collaborazione: dalla brevisione del fumetto vincitore del Project Contest di Lucca 2012 alle domande ad Alessandro Bacchetta e Davide Cali, d'ora in poi potete leggere le mie interviste e alcune recensioni sul sito de <a href="http://www.lospaziobianco.it/" target="_blank">Lo Spazio Bianco</a>. <br />
Ci vediamo (anche) lì!<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgCd-nHMljN2b17rPWs1T2ytDFN3eRzjBY0OnyB3My06W3QISvqGhKKaaAAdjTvujgK1gTPmSJA_5uI-oc8zCJYB5ANHLL5HjNUu80jRc-imDUE8u0jVCcgHtzpgtA0KAUjehz9DphYa3Q/s1600/Pubblicazione1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgCd-nHMljN2b17rPWs1T2ytDFN3eRzjBY0OnyB3My06W3QISvqGhKKaaAAdjTvujgK1gTPmSJA_5uI-oc8zCJYB5ANHLL5HjNUu80jRc-imDUE8u0jVCcgHtzpgtA0KAUjehz9DphYa3Q/s1600/Pubblicazione1.jpg" height="194" width="320" /></a></div>
emmehttp://www.blogger.com/profile/18402574814340462580noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8073011521308781529.post-6552642349102539602013-12-20T03:19:00.003-08:002013-12-20T03:19:29.348-08:00TANTI AUGURI A TUTTI<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEihsrP7-Gf5Lw3uG0__u25laITWDObwPnaU56pp12KA3mbAxOUBxt3FW1Bs1N6__1quz9CSFBFzTHPgAiAZvq_-muTeY_ZyQ1cw_MzmP_LE_sOYclgaPtJvRktnblcSFyOQnftnkXb5lXI/s1600/auguri.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEihsrP7-Gf5Lw3uG0__u25laITWDObwPnaU56pp12KA3mbAxOUBxt3FW1Bs1N6__1quz9CSFBFzTHPgAiAZvq_-muTeY_ZyQ1cw_MzmP_LE_sOYclgaPtJvRktnblcSFyOQnftnkXb5lXI/s640/auguri.jpg" width="640" /></a></div>
<br />emmehttp://www.blogger.com/profile/18402574814340462580noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8073011521308781529.post-78757349424047480142013-06-10T01:39:00.001-07:002013-06-10T01:39:04.771-07:00traducendo... Yaxin e Haddon Hall<a href="http://www.baopublishing.it/" target="_blank">Bao Publishing</a> porta in Italia due bellissime opere: Yaxin, il fauno Gabriele, Canto I, di Dimitri Vey e Man Arenas, pubblicato in Francia dalla collana Metamorphose di Soleil edizioni<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjMBTJQCSSw9H_yl-4j-H4gkNc4ukIqJJ4UQuXvtLH_DPFzo0qsw0DG4z3PjuuZrK7vpxzEmV6xu-RULdAvkw42kmDMKziirfs7nipjRx6Io0E8Vowb2D-82HQ08viEsAh6Np09wbXG34o/s1600/yaxin_cover.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjMBTJQCSSw9H_yl-4j-H4gkNc4ukIqJJ4UQuXvtLH_DPFzo0qsw0DG4z3PjuuZrK7vpxzEmV6xu-RULdAvkw42kmDMKziirfs7nipjRx6Io0E8Vowb2D-82HQ08viEsAh6Np09wbXG34o/s320/yaxin_cover.jpg" width="234" yya="true" /></a></div>
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e Haddon Hall di Najib, pubblicato in Francia da Gallimard.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgm3j1s-CQq0O3pTtDqoEfqn4-tQFSy8WNFp1Qm66sQQIGRqRxyJgKHsccM7oNnjzfbsRyQneCVD-TfbIn7md4w1PYA6NWdF7kxRo8-2afomUUCJapuJRWoKnRhwBwTjSEDV3TDfGWlXuQ/s1600/haddon+hall+cover.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgm3j1s-CQq0O3pTtDqoEfqn4-tQFSy8WNFp1Qm66sQQIGRqRxyJgKHsccM7oNnjzfbsRyQneCVD-TfbIn7md4w1PYA6NWdF7kxRo8-2afomUUCJapuJRWoKnRhwBwTjSEDV3TDfGWlXuQ/s320/haddon+hall+cover.jpg" width="229" yya="true" /></a></div>
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Io li ho tradotti.</div>
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Voi leggeteli e fatemi sapere se vi piacciono come sono piaciuti a me!</div>
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emmehttp://www.blogger.com/profile/18402574814340462580noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8073011521308781529.post-68137686648805296982012-12-21T07:58:00.003-08:002012-12-21T07:58:52.524-08:0021 dicembre 2012<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEglw0_WANeE_g3clnzDyT9_0R80HDJLkE2QZtnSOdlf1hap3HsjCXEoNmkRgKS-AHF1LAGPD1W9qCL0BguAauwlKDF5ZMemViaGsa4nAePySfoXQdmALR_Uu2B2ylg2eob2qNB7j40vrKk/s1600/auguri.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" eea="true" height="502" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEglw0_WANeE_g3clnzDyT9_0R80HDJLkE2QZtnSOdlf1hap3HsjCXEoNmkRgKS-AHF1LAGPD1W9qCL0BguAauwlKDF5ZMemViaGsa4nAePySfoXQdmALR_Uu2B2ylg2eob2qNB7j40vrKk/s640/auguri.jpg" width="640" /></a></div>
emmehttp://www.blogger.com/profile/18402574814340462580noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8073011521308781529.post-13378060310593112652012-12-18T06:17:00.000-08:002012-12-18T06:17:22.140-08:00Intervista a... Lorena CanottiereL’irrazionalità e l’emotività di Lorena Canottiere <br />
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Intervista pubblicata su <a href="http://www.satura.it/" target="_blank">Satura</a> n.13/2012<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgXjlLyWPyGnxjA3YRGREgAQD1MeTuckTX57L7FRvuETg3CKu2WaiDBxXYj1GsYKnmncCN4kEzE0J298oCWGT_WOkRMn-qr0-CghyphenhyphenEM-PMHuHSYK8vFM1bZOIr_3AgVaI85kHTH66jA_hA/s1600/ill.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" nea="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgXjlLyWPyGnxjA3YRGREgAQD1MeTuckTX57L7FRvuETg3CKu2WaiDBxXYj1GsYKnmncCN4kEzE0J298oCWGT_WOkRMn-qr0-CghyphenhyphenEM-PMHuHSYK8vFM1bZOIr_3AgVaI85kHTH66jA_hA/s320/ill.jpg" width="298" /></a></div>
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<span style="font-size: x-small;">© Lorena Canottiere </span></div>
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Lorena Canottiere, un passato fumettistico che risale al Correrino, passa per il gruppo Struwwelpeter, Terre di Mezzo e ANIMALs, è famosa per il blog <a href="http://www.capousse.it/" target="_blank">ça pousse </a>(termine usato in francese per indicare i germogli che sbucano dalla terra e vigorosamente e in fretta crescono per diventare piante), la strip che, senza commenti e interferenze, dà voce al mondo visto dai bambini. Da un anno è però in libreria anche con il suo primo graphic novel, Oche- il sangue scorre nelle vene (Ed. <a href="http://www.coconinopress.it/" target="_blank">Coconino Press</a>), in cui mette in scena le storie di Henry, ex bambino-soldato della Sierra Leone, che a differenza dei genitori adottivi, non crede “veramente a questa strana famiglia”, di Nadia, che detesta la madre alcolizzata e indifferente, e di Davide, figlio di una borghesia che disprezza. Tre adolescenti che il destino unisce nella dura realtà di un pomeriggio di razzismo, ma anche nel sogno di cambiare le regole del gioco della vita. <br />
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<strong><span style="color: #a64d79;">Iniziamo proprio da Oche: Nel testo si dice: “Il porto, il mare, le navi, ho sempre pensato che le storie iniziassero in posti così”. Questa storia, invece, la tua prima graphic novel, come e dove è nata? </span></strong><br />
“Oche” è nato dalla proposta di Igort di scrivere una storia “lunga” per Coconino. In quel momento avevo già una storia in cinque capitoli, scritta e disegnata, che avevo iniziato per pura passione, ma come al solito presi la decisione più irrazionale (e penso vincente, in questo caso): lasciai quella nel cassetto e iniziai una nuova storia dal nulla. Sapevo solamente che volevo che parlasse in parte dei bambini soldato. Mi documentai con libri, articoli e documentari finché l'orrore mi impedì di dormire la notte. Decisi che volevo ambientare la vicenda in Occidente, nella nostra società, per poter raccontare il contrasto tra Africa ed Europa, delineai i personaggi e me li portai un po' “a spasso”. Penso sia importante per entrare nella storia (una sorta di conoscenza reciproca), poi partii direttamente con lo story-board, pagina dopo pagina, senza fermarmi. Avevo evidentemente bisogno di raccontare tutto quello che “Oche” contiene, non solo la vicenda di Henry, il bambino soldato. <br />
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<strong><span style="color: #a64d79;">Dove finisce l’ingenuità di Ça pousse nei bambini che diventano i “giovani già vecchi” nell’amarezza di Oche? </span></strong><br />
L'ingenuità dei bambini di “ça pousse”, che è la fantasia, la sincerità, la curiosità e l'entusiasmo verso la vita viene frenata dalla società adulta che non sa farsi carico di tutto ciò. Ha altri interessi e prerogative spesso lontane o addirittura conflittuali con il mondo infantile. Riferendomi ad “Oche” la situazione è ancora più estremizzata, descrive una società (la nostra, attuale) che non ha spazio per i ragazzi protagonisti della storia, né il coraggio di ascoltarli e tantomeno di capirli e rispondere ai loro bisogni. I giovani già vecchi sono bambini a cui non si sa offrire nulla e che, in molti casi, sono costretti a sostituirsi a genitori assenti o che non sanno fare gli adulti, rifuggono il loro ruolo, non sanno che farsene di se stessi né tantomeno dei figli. <br />
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<strong><span style="color: #a64d79;">Torino negli occhi di un adolescente o nei tuoi occhi, perché forse loro non la vedono neanche e sognano il mare, il suo significato di spostamento, mentre tu riproduci il tuo sguardo sulla città… Con inquadrature che ne sottolineano sempre la bellezza.. il Po, i portici… i palazzi… </span></strong><br />
I ragazzi di “Oche” non si curano di Torino, vorrebbero fuggire dalla città e dalle loro vite. È un'ottima cosa volersene andare via da adolescenti, anche senza dover scappare da situazioni familiari difficili. Io sono arrivata a Torino da poco tempo. Ho vissuto in diverse città, dopo quella d'origine. A Torino mi trovo bene: è una bella città, vivibile, umana, buffa, multietnica, viva ma anche celata, colta, un po' operaia e un po' sabauda. Esistono diverse città, una incastrata nell'altra, ma i contrasti si mischiano come le tante lingue parlate per strada. Inoltre è bellissimo disegnarla, perché è particolare e varia. Ricorda in gran parte Parigi, la sera l'illuminazione la trasforma in estati spagnole, c'è il fiume, più nordico, con i circoli di canottaggio e i parchi, la parte occulta medievale e la periferia, vecchia e nuova, i quartieri Fiat degli operai e dei colletti bianchi... È stato impossibile disegnare una città qualunque, una città inventata, che rappresentasse esclusivamente l'idea di città, come avevo pensato di fare iniziando “Oche”, avendo sotto gli occhi Torino. <br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgLzssXs4zn_x0Q8A2zMWEUKNWpG5BvCtDtU67tbcDt2qv9ZjcmsDaNcuUUco54qafJGj0-8-5cbPhy0V5DCicwb-hithorbC840DFJ10JuDBqUDqDKUO56fyvliBTBAkFc_z4y6tBcckI/s1600/pag9.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" nea="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgLzssXs4zn_x0Q8A2zMWEUKNWpG5BvCtDtU67tbcDt2qv9ZjcmsDaNcuUUco54qafJGj0-8-5cbPhy0V5DCicwb-hithorbC840DFJ10JuDBqUDqDKUO56fyvliBTBAkFc_z4y6tBcckI/s320/pag9.jpg" width="249" /></a></div>
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<span style="font-size: x-small;">© Lorena Canottiere </span></div>
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<strong><span style="color: #a64d79;">Colgo ancora un paio di battute dal tuo libro: “È come dire che tutti i pianisti destri si sono un po’ fregati la vita”. Quanto il talento e quanto la tecnica valgono nel fare fumetto? </span></strong><br />
Il fumetto è un mezzo espressivo complesso, con possibilità narrative molto vaste. Per imparare ad usarlo si studiano cinema, letteratura, pittura, teatro per cui un certo livello di capacità e conoscenza del linguaggio ci vuole, ma non credo che tecnica e talento siano così importanti. Almeno, a me non interessano granché. Ci sono altri aspetti che ritengo più importanti come l'espressività, la capacità di raccontare emotivamente una storia (sia attraverso le immagini che i testi). Talento e tecnica servono per affrontare il percorso, sono un punto di partenza, che però ad un certo punto deve evolvere o addirittura decadere, per lasciare posto a nuovi aspetti espressivi indispensabili al percorso artistico individuale. <br />
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<strong><span style="color: #a64d79;">“L’idea di occupare uno spazio preciso, delimitabile, codificabile mi soffoca”. Sono parole di Henry. Valgono anche per uno scrittore? </span></strong><br />
Ciascuno ha il proprio modo di scrivere. Il mio compagno, ad esempio, è musicista e quando inizia a scrivere un pezzo non si occupa d'altro fino a quando non lo ha finito. Io non potrei. In una situazione del genere mi sentirei soffocare come Henry. Io ho bisogno di divagare, di guardare la storia con la coda dell'occhio, non averla sempre di fronte. Ho bisogno che il mondo passi in mezzo alle idee e mi distragga: non so perché, forse così riesco a tener stretto l'indispensabile. <br />
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<span style="color: #a64d79;"><strong>Passando alla tecnica… Il tratto che utilizzi… tutto tratteggio, senza aree di colore piene… come l’hai scelto, e perché e quali sono i tuoi riferimenti in questo campo, se ce ne sono? </strong></span><br />
Penso che l'uso del tratteggio così fine e fitto mi sia arrivato dall'uso delle matite colorate. È buffo, adesso che ci penso: sono passata da un segno a pennino netto e forte ad uno più sottile, costruito da tanti segni fini, che creano volumi per sovrapposizione, mentre per le matite è stato esattamente il contrario. Sono passata da un uso più leggero, pulito della matita colorata a cercare segni più decisi, espressivi. Ho sempre amato sia il pennino che le matite, come tecniche di disegno, ma con il tempo è cambiato radicalmente il mio modo di usarle e sono convinta che cambierà ancora. Non mi fido di chi rimane fermo, non cambia, non cresce. È come non porsi dubbi o prendersi troppo sul serio: non potrei mai. <br />
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<strong><span style="color: #a64d79;">In Oche il colore nasce solo nei sogni di Nadia, benché all’inizio siano incubi alla stregua dei ricordi di Henry. Come mai? </span></strong><br />
Il testo dei sogni di Nadia è parte del racconto "Il demonio è cane bianco" di Sergio Atzeni , uno scrittore che amo particolarmente. È un racconto duro, visionario, che la mia mente ha subito tradotto in immagini a colore. Inoltre la vita di Nadia è desolante e il suo solo rifugio è quel sogno che si ripete, un sogno di fuga, di libertà : ci nasconde tutta se stessa e la speranza , che consciamente non sa neppure di avere dentro. Per tutti questi motivi la parte a colori del libro è la parte del sogno, non c'è stato neanche il bisogno di pensarci, di prendere una decisione. <br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgwdkuyGnP9hUv-1HJ9ZfTc8Tx6t3IBwupV_AaYvBFAHU8UIENv-O4_wsw_BmG_vKZDIUW7Y7b9Kq2ofDzEJrmwY7-yhArE3Z1yEy7Sbw-7lVzhDAEjuNF4WOQm9U7mrDk2wYhyX8XUNMc/s1600/pag58.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" nea="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgwdkuyGnP9hUv-1HJ9ZfTc8Tx6t3IBwupV_AaYvBFAHU8UIENv-O4_wsw_BmG_vKZDIUW7Y7b9Kq2ofDzEJrmwY7-yhArE3Z1yEy7Sbw-7lVzhDAEjuNF4WOQm9U7mrDk2wYhyX8XUNMc/s320/pag58.jpg" width="246" /></a></div>
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<span style="font-size: x-small;">© Lorena Canottiere </span></div>
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<strong><span style="color: #a64d79;">Cosa pensi del colore della cover? Eri d’accordo con questa esplosione di luminosità? L’artwork è tuo, ho letto, ma il design no. </span></strong><br />
Effettivamente può sembrare in contrasto con il resto del libro. “Oche” racconta del disagio dei tre giovani protagonisti, di una società che li respinge, che non ha posto per loro. Non c'è però solo questo, c'è un passaggio di consapevolezza, c'è il loro riscatto grazie alla scoperta dell'altro e di una propria valenza personale. Su questa base abbiamo scelto quella copertina. Ha partecipato la redazione intera alla discussione, perché quell'immagine non è convenzionale, come taglio, per una copertina. Alla fine è stata scelta proprio per la sua forza, per i colori. C'era un'altra copertina in lizza, più narrativa, ma questa era emotivamente più forte. <br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgSH8h4DWJKZ9rFTSPUHof9JcDIYul4kp8qDm1hR4dUA5m2z5hTNSMRz9K7AEyZz6PjwNeCEBxOx1xnSyWxDb0a2j6FhbUnBh5KO1Gt3p_66oJ_hpy1Yk8VoL6b6KGE64PbeTqvSeDc17s/s1600/oche300.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" nea="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgSH8h4DWJKZ9rFTSPUHof9JcDIYul4kp8qDm1hR4dUA5m2z5hTNSMRz9K7AEyZz6PjwNeCEBxOx1xnSyWxDb0a2j6FhbUnBh5KO1Gt3p_66oJ_hpy1Yk8VoL6b6KGE64PbeTqvSeDc17s/s320/oche300.jpg" width="226" /></a></div>
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<span style="font-size: x-small;">© Lorena Canottiere </span></div>
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<strong><span style="color: #a64d79;">Avevo letto in una precedente intervista che ami disegnare su carta. È sempre vero o sei poi passata alla tavoletta grafica? Qual è il tuo modo di procedere? </span></strong><br />
Uso la tavoletta grafica per pochissime cose, più estemporanee, e per colorare a computer, ma mi piace immensamente di più disegnare su carta. Amo l'attrito del pennino, del pennello, della matita sulla carta, gli odori, i tempi e gli imprevisti, le imperfezioni che rimangono sulla tavola. La fase del passaggio a china, ad esempio, è un momento che adoro e non vorrei privarmene. Si ottengono risultati molto differenti disegnando in modo “tradizionale” o a computer e penso si debbano usare i due metodi così, per ricercare mondi diversi, non escludendone uno in favore dell'altro. <br />
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<strong><span style="color: #a64d79;">Strip e graphic novel… per “consuetudine” la prima pare strumento ideale per l’umorismo, la seconda per storie di maggior spessore. E così è anche nel tuo caso. Il contrario è possibile? si può, soprattutto, far emozionare in poche vignette, o il dolore ha bisogno di tempi più lunghi? </span></strong><br />
La differenza sta soprattutto nella scelta del modo di raccontare, dal tono, ma se la satira è considerata ovunque, in tutto il mondo, pericolosa e scatena minori o maggiori reazioni di fastidio da parte di chi gestisce il potere, il motivo è proprio perché riesce a dire in maniera molto semplice e diretta ciò che filosofi, letterati, politici, etc, teorizzano in modo più profondo e sofisticato. Il concetto rimane invariato e a volte il potere emotivo ne esce addirittura rafforzato. Il fatto che la striscia susciti una risata non sta a significare assolutamente che racconti storie allegre: spesso ridiamo amaramente delle nostre vite, le nostre angherie, i nostri difetti e il fatto che la striscia le riesca a raccontare in maniera ridicola, ironica, non vuol affatto dire che non ci racconti un dolore. Ha un linguaggio irriverente e spesso per questo riesce ad essere più saggia ed arguta di un “opera drammatica” come ad esempio, riferendomi alla tua domanda, di una graphic novel. <br />
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<strong><span style="color: #a64d79;">Sempre a proposito di strip, in particolare legate al mondo dell’infanzia, si potrebbe dire che a volte sono vere e proprie maestre di vita. “Ogni volta che sento gli adulti parlare di cose inutili mi spavento”. Questa è una frase presa da Oche, ma la raccolgo per farti una domanda su Ça pousse. I bambini possono far riflettere di più? </span></strong><br />
“ça pousse” è un progetto nato per puro divertimento personale. Ho iniziato ridendo per ciò che dicevano mio figlio e i suoi amici e poi mi sono resa conto che c'era molto di più di una risata. I bambini descrivono il mondo, i nostri atteggiamenti, le abitudini, le convinzioni degli adulti in maniera arguta, saggia, dissacrante, senza tabù né compromessi. In questo modo ci portano a riflettere su cose che, da adulti, diamo per scontate, vere e irrefutabili, ma che non hanno nessun buon motivo per essere ritenute tali. Per questo motivo ho iniziato a disegnarle sotto forma di strisce, che prima hanno trovato posto sul blog omonimo e che sono approdate poi alla rivista ANIMAls e infine sono state raccolte in un libro (“Marmocchi”) che esce contemporaneamente in Italia, Spagna e Francia. <br />
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<strong><span style="color: #a64d79;">Proprio a proposito dell’iter dal blog a “Marmocchi”: quali differenze ci possono essere fra la lettura online, di un blog, nello specifico, e quella su carta? </span></strong><br />
La differenza grande tra pubblicare on line su un blog o su carta è il contatto diretto con i lettori. Attraverso il blog si può dialogare con i lettori attraverso i commenti ai post; scambiare pareri più approfonditi tramite mail (tante strisce mi sono state raccontate così, dai lettori di “ça pousse”). È possibile anche consigliare il link di siti amici, che ampliano conoscenze e arricchiscono lo scambio con il pubblico; ci sono i collegamenti diretti con i siti, o i profili dei lettori che seguono il blog... Ciascun blog è una finestra, un contenitore che ci permette di passare da un sito all'altro, da un racconto all'altro dandoci la possibilità di costruire un mondo nostro, più vasto, più completo. Il difetto della lettura on line è la possibilità di perdersi. Il libro su carta, viceversa, ci assicura una concentrazione assoluta su ciò che si sta leggendo, ci permette di calarci nella maniera più profonda possibile nel mondo di chi racconta: ciascun libro (su carta) racconta una vita, un'avventura. Pro e contro. Il blog fa sentire meno soli gli autori, c'è un riscontro facile col pubblico, mentre quando si pubblica un libro su carta, se non si incontrano i lettori alle presentazioni o lo si vede recensito, si ha la sensazione (e la paura) che nessuno lo abbia letto. Il libro su carta regala altri due aspetti per me fondamentali: il contatto fisico e il fatto che ti possa seguire ovunque. Un libro di carta lo si può leggere su una spiaggia deserta, in mezzo al bosco, pigiati nel caos dei mezzi pubblici, in coda in posta e di straforo ad un convegno noioso. Ti segue dappertutto e la sua lucina luminosa, da uscita d'emergenza, non si scarica mai- EXIT - e sei da un'altra parte. <br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjbd1GuHErI1dJQlKP98VYdtPWk93xFdGrMtd9c5CskINxlsIOvWJ5fMgOCea962C1O1aAGpUDS7yZkj6R3dG-Ral7IpFLPI1ihvLActzrH0dVpld9i1ZWFmz3uQPTk4SI0h92TcZjoC-0/s1600/+%C2%BAa+pousse+125.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="130" nea="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjbd1GuHErI1dJQlKP98VYdtPWk93xFdGrMtd9c5CskINxlsIOvWJ5fMgOCea962C1O1aAGpUDS7yZkj6R3dG-Ral7IpFLPI1ihvLActzrH0dVpld9i1ZWFmz3uQPTk4SI0h92TcZjoC-0/s400/+%C2%BAa+pousse+125.jpg" width="400" /></a></div>
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<span style="font-size: x-small;">© Lorena Canottiere </span></div>
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<strong><span style="color: #a64d79;">Per concludere: Cosa consiglieresti oggi a una donna che volesse intraprendere questa carriera? </span></strong><br />
A chi volesse cominciare a fare fumetti, uomo o donna (non è un ambiente sessista per cui lascerei da parte le distinzioni di genere, sperando di non doverle mai usare) consiglio di essere curiosi, di cibarsi di libri, cinema, teatro, mostre, ma anche del quotidiano che ci circonda, di essere coraggiosi e di mettere avanti ad ogni cosa il piacere del proprio lavoro; di ascoltare le proprie urgenze narrative e di divertirsi a realizzarle; e di prepararsi a “studiare” tutta la vita, perché fare fumetti vuol dire ricercare sempre ed evolversi di conseguenza. emmehttp://www.blogger.com/profile/18402574814340462580noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8073011521308781529.post-60213926888504712602012-06-14T02:39:00.001-07:002012-06-14T02:41:06.011-07:00<a href="http://www.blogger.com/%3Ciframe%20width=%22300%22%20height=%22182%22%20frameborder=%220%22%20src=%22http://www.iluoghidelcuore.it/embed/code/boccadasse-genova%22%3E%3C/iframe%3E" target="_blank">iluoghidelcuore.it</a> del FAI.<br />
Campanilista come sono, cosa potevo scegliere se non Boccadasse?<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi9aywpGwCWqlTqABhRgTqMnzgBj-eCaYf0l5TDYZs6TSHsYb8Lu_5ZQA5q1uF8MgW2gI1HarfWUnUaiLqhtZ8jnwrrHzb5Q6BN1XpSXjta9o-yNjoCIGXznxzCCZ4ompoo6W69HGZ-zRs/s1600/untitled.bmp" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" pca="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi9aywpGwCWqlTqABhRgTqMnzgBj-eCaYf0l5TDYZs6TSHsYb8Lu_5ZQA5q1uF8MgW2gI1HarfWUnUaiLqhtZ8jnwrrHzb5Q6BN1XpSXjta9o-yNjoCIGXznxzCCZ4ompoo6W69HGZ-zRs/s1600/untitled.bmp" /></a></div>
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Segnalatelo anche voi come Luogo del cuore.emmehttp://www.blogger.com/profile/18402574814340462580noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8073011521308781529.post-71300618670296122022012-02-27T07:33:00.000-08:002012-02-27T07:33:00.129-08:00Intervista a... Sergio Gerasi<span style="font-size: large;">SERGIO GERASI</span><br />
<span style="font-size: large;"></span><br />
<span style="font-size: large;">Favole, musiche e grandi nasi </span><br />
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di Manuela Capelli - intervista uscita sul numero 16/2011 di <a href="http://www.satura.it/" target="_blank">Satura</a> <br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj9JQbijP-h9p7NihjltZLY_TrG1pjBJjA0MVawWFlRb7G1gLnYEvbaFGL0H9KWm6aofhNXqdAqXBY0fHpxVoXN7QCo0ezOOLVPieA7dRJb-wJREVoSh4b3cpaOAdns9HqnzXCHPeMlA80/s1600/cover+16-2011_Pagina_1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" lda="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj9JQbijP-h9p7NihjltZLY_TrG1pjBJjA0MVawWFlRb7G1gLnYEvbaFGL0H9KWm6aofhNXqdAqXBY0fHpxVoXN7QCo0ezOOLVPieA7dRJb-wJREVoSh4b3cpaOAdns9HqnzXCHPeMlA80/s200/cover+16-2011_Pagina_1.jpg" width="148" /></a></div>
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Mettete insieme Milano, Allan Poe, Lovecraft e Sclavi, ma anche Kerouac, i poeti Beat, le favole classiche <br />
e Chomet e avrete una parte dell’anima di Sergio Gerasi, esordio come autore completo con “Le tragifavole” (ReNoir Comics), una raccolta di racconti immersi in un’atmosfera al contempo iper-realistica e surreale. Laddove infatti, in ognuna delle storie a fumetti, la scenografia riporta a terra, fra le strade milanesi, i pensieri volano insieme ai protagonisti e ai loro grandi nasi. Come Il burattinaio, una sorta di Pinocchio all’incontrario, che vignetta dopo vignetta non solo reinventa la favola mantenendo le peculiarità di un genere oggi raro più che mai, ma evoca la musicalità e il senso del ritmo che costituiscono l’altra anima di Sergio, batterista e fondatore della rock band 200Bullets.<br />
Prima di cimentarsi come autore unico, dando spazio a un personaggio nato durante l’edizione 2006 della 24 ore del fumetto (maratona fumettistica che prevede la realizzazione di una storia di 24 tavole in 24 ore), Sergio disegna, lavorando con grandi testate e con grandi teste: dagli inizi su “Lazarus Ledd” (Star Comics) ai disegni per “Jonathan Steele”, “Cornelio” (il fumetto di Carlo Lucarelli) e le ultime fatiche su “Dylan Dog”, è passato dalla trasposizione in fumetto di un racconto di Alan D. Altieri su testi di Tito Faraci, «Internationoir», e per ReNoir Comics, su testi di Davide Barzi, «G&G»: un omaggio al grande Giorgio Gaber, premiato come miglior graphic novel nell’edizione Full Comics 2010. In questi giorni, invece, escono alcune sue illustrazioni nel nuovo inserto culturale ‘La Lettura’ del Corriere della Sera. Ed è proprio dal suo eclettismo che partiamo. <br />
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<strong>Come disegnatore hai lavorato, da Steele a Cornelio a John Doe fino a Dylan Dog oggi, su una certa tipologia di personaggi. Come autore, per quanto tragiche, a delle favole. Sentivi la necessità di un cambio </strong><strong>di registro?</strong><br />
Decisamente sì, ho spesso necessità di movimentare il mio lavoro che per natura è statico, almeno fisicamente. Il lavoro del disegnatore, o comunque in generale dell’autore di fumetti, è spesso strettamente le-gato al proprio studio, alla propria casa e alla propria scrivania. Uno strano ossimoro dato che al contrario, per farlo nel migliore dei modi, bisogna viaggiare molto con il pensiero. Ecco che quindi,<br />
nel mio caso (ma sono certo sia una condizione comune per chi fa il mio stesso mestiere) quella scarica elettrica di fantasia che si prova iniziando un lavoro, magari su un personaggio nuovo, diventa vitale.<br />
Nondimeno quando si inizia un nuovo lavoro, si parte dalla raccolta di documentazione, non solo visiva,ma anche nozionistica, sull’argomento che la storia tratterà: questo aspetto diventa un’occasione di studio che arricchisce. Cosa che non guasta mai. Nel mio caso specifico poi, dopo anni (una decina, ormai anzi <br />
sono quasi undici) di lavoro su un genere popolare ben delineato e con certe regole, ho sentito la necessità “autoriale” di sperimentare un linguaggio narrativo a fumetti strettamente personale, sregolato e nato unicamente dal bisogno di raccontare delle storie a modo mio.<br />
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<strong>Alcuni autori dichiarano che i loro personaggi prendono vita da sé, mentre sembra che tu, anche perché ti auto-ritrai in certe tavole, tratti i tuoi come burattini, di cui condurre le esperienze…</strong><br />
Il carattere fondante delle Tragifavole è il travestimento, fatto con un velo fantastico posato sopra situazioni più o meno reali, situazioni avvenute realmente. Prendo spesso spunto da quello che mi succede per poi rielaborarlo con calma, con una visione più metaforica, più evocativa. Si può a ragione dire che i miei personaggi nascono dentro di me e uscendo se ne portano dietro un pezzo. Ecco perché non assegno mai dei nomi a questi personaggi. Ed ecco anche il perché hanno tutti una fisionomia simile, riconoscibile e con un denominatore unico: un naso importante.<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgYgF93s2pcTPWYnz6P5GE9PyUk-YxWwsyTCS7ZKTh0VKzWbdHZSbAjDFgqly3QQmp0-EIkX7OpwnauqwUWq4MCcHHn7wXqjFxEaPdEUAAnrla_SgB0ouFJfN9-qAJ3hZrgcjkvG5eo1uY/s1600/Satura+16-2010+low%5B2%5D.bmp" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" lda="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgYgF93s2pcTPWYnz6P5GE9PyUk-YxWwsyTCS7ZKTh0VKzWbdHZSbAjDFgqly3QQmp0-EIkX7OpwnauqwUWq4MCcHHn7wXqjFxEaPdEUAAnrla_SgB0ouFJfN9-qAJ3hZrgcjkvG5eo1uY/s320/Satura+16-2010+low%5B2%5D.bmp" width="231" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: center;">
<span style="font-family: Calibri; font-size: x-small;">© immagini Sergio Gerasi</span></div>
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<strong>Ecco, appunto, il naso: di Pinocchio, di Cirano, di Uno, nessuno, centomila, dei tuoi protagonisti. Citando il tuo libro, “Strano stile questo, e che nasoni!”…</strong> <br />
“Del naso come è ovvio ci sarebbe molto da dire”, così scriveva Asor Rosa. Al di là di questo, quando per la prima volta partecipai alla 24 hic, mi decisi a realizzare qualcosa di completamente diverso dal solito. Dal mio solito. E lì ci fu una grande svolta nella mia testa. Questo stile, questi nasi e queste figure dinoccolate<br />
si sono disegnate quasi da sole. Evidentemente le avevo lì, in un angolo della testa, ed è stato naturale prendere quella strada in un’ ottica di libertà creativa totale. Subito dopo il mio primo lavoro per la 24 hic i commenti furono costanti e insistenti, molto positivi comunque, e già mi identificavano con quello dei nasoni, i nasoni di Gerasi, ecc. l naso, nell’arredamento di un volto, è importantissimo, forse ancor più degli occhi per certi versi. È il naso che decide cosa farti notare di un volto, alle volte ti spinge a guardare gli occhi di una persona, alle volta la bocca, altre volte è più timido e ti presenta il volto nella sua interezza, altre volte è un naso orgoglioso che si mostra per primo, nella sua maestosità.<br />
E poi come dimenticare Zanardi…<br />
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<strong>Fra le definizioni di favola, ci sono “narrazione con personaggi immaginari che contiene un ammaestramento morale” e “qualsiasi narrazione di fatti inventati”. A quale corrisponde di più il tuo libro?</strong><br />
Forse in parte ti ho già risposto. Credo che la mia visione stia vagamente nel mezzo, anche se con un velo di presunzione mi piacerebbe dire di avere una visione tutta mia delle favole, ecco perché le ho chiamate in quel modo. Quello che cerco sempre di evitare è un certo ‘ammaestramento’ (morale per di più) – non<br />
mi piace mai generalizzare i concetti – tantomeno cercare di sopraelevare il mio giudizio sulle cose rispetto a quello del lettore. Non sono un maestro, che me ne scampino. Io cerco semmai di suggerire, evito per quanto mi è possibile un cer-to aspetto didascalico nei confronti dell’argomento trattato. Cerco cioè un dialogo con chi legge, non voglio mai dirgli che ilmio pensiero è la visione giusta delle cose, ecco perché nelle storie cerco di prendermi in giro e di smussare anche i personaggi nel momento in cui il frammento <br />
narrativo è al culmine.<br />
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<strong>La solitudine, esistenziale, è uno dei temi delleTragifavole. Parlando invece della solitudine nel processo creativo: quanto è importante, stimolante, angosciante?</strong><br />
La solitudine è una condizione ricorrente della mia vita a tutti i livelli: sentimentale, sociale e lavorativo.<br />
Ecco perché ci sono così affezionato (rido, nda). Tralasciando i primi due aspetti, la solitudine che caratterizza questo lavoro è una costante. Alcuni miei amici/colleghi la fuggono, si alleano in studi collettivi dove lavorano fianco a fianco. Io invece tento di sfruttarla nel migliore dei modi perché la solitudine è<br />
un serbatoio di creatività molto generoso, se lo sai aprire e se sai frugarci dentro. Tutto sommato poi ho sempre pensato che potrei lavorare in un luogo pieno di gente ma nel momento in cui abbassi lo sguardo sul foglio bianco, sei inesorabilmente da solo, quindi tanto vale… ‘la solitudine non è mica una malattia, è<br />
necessaria per star bene in compagnia’… e ancora…’un uomo solo è sempre in buona compagnia’… così diceva Giorgio Gaber, a cui sono molto legato.<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiLhtt_WU9wPvjAS0x8gdeQ8ek6MdKE1sXQpBjqmf0rvSAmHY-9oZWTbgCUDIHCi5VfOscFE99EVBxnMQCThEwinEAO-1M_EiTuKulABykamXzBbJo85hR4Cqp4ZLv2tExTt3EKpNicoIo/s1600/Satura+16-2010.bmp" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" lda="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiLhtt_WU9wPvjAS0x8gdeQ8ek6MdKE1sXQpBjqmf0rvSAmHY-9oZWTbgCUDIHCi5VfOscFE99EVBxnMQCThEwinEAO-1M_EiTuKulABykamXzBbJo85hR4Cqp4ZLv2tExTt3EKpNicoIo/s320/Satura+16-2010.bmp" width="227" /></a></div>
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<span style="font-size: x-small;">© immagini Sergio Gerasi</span></div>
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<strong>Come fumettista, hai lavorato sia da solo sia insieme ad altri autori. Quali ritieni essere i punti di forza dell’una e dell’altra esperienza?</strong><br />
Personalmente non mi ritengo uno sceneggiatore di professione, anzi, non ho il mestiere per farlo. Ecco perché le Tragifavole, mio -per ora- primo e unico lavoro da autore completo, hanno un incedere così strano e sregolato (ma che comunque ha colpito molto i lettori, a quanto ho potuto constatare). Ti dirò che quindi lavorare con altri sceneggiatori –di professione- mi permette di concentrarmi unicamente sui disegni e tutto diventa più sciolto, morbido e naturale. Mi rilasso, insomma. Ebbene sì, il mio lavoro è disegnare, e disegnare mi rilassa: sono un privilegiato, lo so. Quando invece devo tirar fuori una storia dalla mia testa lo faccio con una certa dose dimalessere,ma non perché vado incontro a un qualche blocco creativo, anzi. È un malessere dettato dal fatto che scrivo quasi sempre e solo per tirar fuori un disagio. Le Tragifavole sono una serie di racconti nata nel corso di diversi anni, che piano piano son rimasti lì a galla, fino a che poi non ho più potuto lasciarli ‘stagnare’. Dovevano lasciare posto ad altro. <br />
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<strong>Scrivere i dialoghi di un fumetto e scrivere i testi di una canzone. Quali sono secondo te le principali differenze di due testi che necessitano entrambi di una certa sinteticità?</strong><br />
La prima e più evidente caratteristica della canzone è che è costruita quasi su uno schema matematico, dato che deve convivere con la musica. Ha necessità di rima (non sempre, fortunatamente) ma soprattutto di metrica (anche se alle volte si può ‘barare’). La sintesi che si attua nel testo di una canzone è più forte di quanto si debba fare in un fumetto, bisogna appellarsi a quella che Jannacci chiamava poetastrica. Anche i dialoghi che mettiamo nelle cosiddette nuvolette nascondono però delle insidie, anzi molte. Io ho cercato di evitarle, nelle Tragifavole, spostandomi più su un gergo quotidiano che, se noti, si distaccamolto da quanto <br />si legge normalmente nei fumetti popolari, come Dylan Dog per esempio, che proprio in questi giorni sto terminando di disegnare. <br />
<br />
<strong>Facendo riferimento alla storia che hai scritto per la 24h del 2007, mi potresti dire quali sono le principali difficoltà del tuo lavoro?</strong><br />
Premetto che le difficoltà di una 24ore in cui bisogna fare 24 pagine di fumetto sono tantissime. Molte più del normale, ecco perché dopo ben tre edizione di fila (tra cui la storica prima di Milano nel 2005) ho <br />
deciso di desistere. Come ti dicevo mi trovo costretto a scindere il lavoro di solo disegnatore da quello di autore completo. Quando disegno le difficoltà tecniche non sonomolte, anzi se mi trovo di fronte a qualche vignetta complicata o a qualche tavola ‘ardita’, questo diventa più uno sprono maggiore, piuttosto che una difficoltà. Al massimo può capitare di trovarsi in totale divergenza creativa con lo sceneggiatore, ma è difficile che questo avvenga. In quel caso subentra il fattore ‘professionalità’: questo è ilmio lavoro e cerco di farlo al meglio, anche quando non sono estasiato dalla storia. Analizzando invece le difficoltà da autore unico le cose si complicano: come ti dicevo non ho mestiere (nel senso antico del termine) nello scrivere, quindi o mi trovo di fronte a un’ispirazione viscerale oppure evito di farlo, di fare fumetti tutti miei. Molto spesso mi trovo di fronte a storie che non riescono ad arrivare ad un finale soddisfacente per cui rimangono lì, nel cassetto, o più verosimilmente in una cartella sull’hard disk del computer chiamata ‘storie senza fine’.<br />
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<strong>Rimangono lì perché prima o poi da qualche parte dovranno andare, di questo sono certo.Passando alla lavorazione, che tecnica hai utilizzato per le Tragifavole e da cosa è stata dettata la scelta monocromatica del seppia? È stata tua o concordata in fase editoriale?</strong><br />
Da qualche anno ormai sono passato all’utilizzo del pennello. Le Tragifavole, quindi, sono state realizzate (come tutto quello che faccio) con un pennello numero 2, in martora W&N e china nera. Non uso praticamente altri strumenti. Qualche pennarellino per piccoli ritocchi, eventualmente per le parti più delicate delle campiture, ma in linea di massima con un pennello e una boccetta di china posso fare più o meno tutto. Tutto quello che son capace di fare naturalmente. Non tutto in senso assoluto. Le tavole delle Tragifavole, in realtà, non sono in seppia, ma sono in china diluita (quindi nere e grigie). La decisione di virare il tutto al seppia è nata per differenziare questo lavoro da G&G, altromio libro (e di Davide Barzi) uscito pochi mesi prima, sempre per lo stesso editore, ReNoir Comics (libro dedicato al teatro-canzone di Giorgio Gaber). Il seppia in ogni caso dava alle storie un calore particolare, che mi ha subito convinto.<br />
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<strong>In una delle favole c’è una battuta che fa riferimento ai “fumetti di serie B”: quali sono secondo te?</strong><br />
Accidenti non mi costringerai a fare dei nomi. Mi sembrerebbe antipatico…<br />
diciamo che ci sono alcuni fumetti che non hanno mai il coraggio di essere fumetti ma vorrebbero essere solo ‘narrativa’ e altri fumetti che non riescono nemmeno da lontano a sembrare ‘narrativa’. Ecco questi non mi piacciono mai molto… spero di non essere risultato troppo ermetico in questa mia risposta.emmehttp://www.blogger.com/profile/18402574814340462580noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8073011521308781529.post-60503085148184335912012-02-11T06:55:00.000-08:002012-02-12T09:31:12.594-08:00Sul numero 81 di Scuola di fumetto...<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
Sul numero 81 di <a href="http://www.scuoladifumetto.com/">Scuola di fumetto</a> - con la novità ComicOut - </div>
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c'è anche la mia intervista a <a href="http://www.smallnoises.com/">Sarah Glidden</a>, l'autrice di "Capire Israele in 60 giorni (e anche meno)" </div>
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- ed. Rizzoli Lizard.</div>
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Un'intervista telefonica su Skype fra Italia e Canada, dove Sarah si trovava in quel momento,</div>
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per sapere qualcosa di più su di lei e sul suo libro.</div>
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Buona lettura!</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhDRy3nSypE-Sh3IMoXDI8tlbZeXzmpkyQtA4F8LwrDD8Ii3_vI6MS1OBMwux9B-nkRZ1fWOlbdzw1BHrf5E4vTdU17DmyOXAvf_F43HPPDUE_ehQO-PWOjJJLL4DIqZbskD8fGr7BaNZ4/s1600/wall.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="159" rea="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhDRy3nSypE-Sh3IMoXDI8tlbZeXzmpkyQtA4F8LwrDD8Ii3_vI6MS1OBMwux9B-nkRZ1fWOlbdzw1BHrf5E4vTdU17DmyOXAvf_F43HPPDUE_ehQO-PWOjJJLL4DIqZbskD8fGr7BaNZ4/s320/wall.jpg" width="320" /></a></div>
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<span style="font-family: Calibri, sans-serif; line-height: 115%;"><span style="font-size: xx-small;">immagini ©Sarah Glidden</span></span></div>emmehttp://www.blogger.com/profile/18402574814340462580noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8073011521308781529.post-13434686949392838562012-01-18T02:53:00.000-08:002012-01-18T02:53:53.714-08:00Realizzazione comunicazione coordinata<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
è online da ieri, martedì 17 gennaio, il sito <a href="http://www.marryevent.it/">http://www.marryevent.it/</a>, </div>
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l'agenzia di wedding planner di cui ho curato l'intera immagine coordinata:</div>
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
1) naming e studio logo</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg1msp0vKEJfzfUS87aBgIPE8hAnBNUERzOkQU9IBtXmKQPbYXARnQRlCDkEZLdTw7-_hdSZAjOS_-dGtjCQRIL80UYnPF9N-CbRygXVfOF3p6DWsKPdDiX6akDUqa-mTkvxDEX9cpJ6t4/s1600/logo.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="195" nfa="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg1msp0vKEJfzfUS87aBgIPE8hAnBNUERzOkQU9IBtXmKQPbYXARnQRlCDkEZLdTw7-_hdSZAjOS_-dGtjCQRIL80UYnPF9N-CbRygXVfOF3p6DWsKPdDiX6akDUqa-mTkvxDEX9cpJ6t4/s320/logo.jpg" width="320" /></a></div>
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2) concept sito e realizzazione testi</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjNE78qGPyUvtnmgFn8FV7w7LhW7QU1ZVlxOq7y2d7zpKpDdN6dkDO7oNrmD-7rBzCNhRpqDjT03BcpD-KIe28i5DBieRkdB8KB41fQufq0O3zSmVb8-oh_CDFHf-7_hcVkvbc_DU0bRP0/s1600/home.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="166" nfa="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjNE78qGPyUvtnmgFn8FV7w7LhW7QU1ZVlxOq7y2d7zpKpDdN6dkDO7oNrmD-7rBzCNhRpqDjT03BcpD-KIe28i5DBieRkdB8KB41fQufq0O3zSmVb8-oh_CDFHf-7_hcVkvbc_DU0bRP0/s320/home.jpg" width="320" /></a></div>
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3) grafica biglietti da visita</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiPSDZb88E1_GuZvWkjqljoAoN4OkE6vp8Krq9dyhMydwPFBoYFq2XaH4SUfiGcVX3nKr-OUJPbQeupsgymk8QPbaEoSVh3EjsJLFgiO7ugznFnV6adaKmNPnyqWZfevwPYYY-EmwgvX3s/s1600/bigliettimodef%255B1%255D%255B1%255D.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="211" nfa="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiPSDZb88E1_GuZvWkjqljoAoN4OkE6vp8Krq9dyhMydwPFBoYFq2XaH4SUfiGcVX3nKr-OUJPbQeupsgymk8QPbaEoSVh3EjsJLFgiO7ugznFnV6adaKmNPnyqWZfevwPYYY-EmwgvX3s/s320/bigliettimodef%255B1%255D%255B1%255D.jpg" width="320" /></a></div>
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FELICE MATRIMONIO A TUTTI!</div>emmehttp://www.blogger.com/profile/18402574814340462580noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8073011521308781529.post-84320480613181825312011-10-19T06:19:00.000-07:002011-10-25T07:56:35.405-07:00MANUELE FIOR. Incanto e disincanto<br />
di Manuela Capelli - pubblicato sul numero 15/2011 della rivista "<a href="http://www.satura.it/">Satura</a>"<br />
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Incanto e disincanto. Come quelli di un fumetto, “Cinquemila chilometri al secondo”, che in ogni foglio dipinge emozioni (l’incanto), e del suo autore, <a href="http://www.manuelefior.com/">Manuele Fior</a>, classe ’75, una vita in valigia per diversi anni (il disincanto). Partendo da una calda giornata romagnola, Manuele tratteggia ad acquerello le vite di Piero e Lucia, che seguiranno il proprio destino rispettivamente in Egitto e in Norvegia, lui come archeologo ad Aswan, lei per cercare se stessa fra le pagine di una tesi su Ibsen, fino a un ultimo incontro sotto un acquazzone di chiarimenti e nessuna possibilità. Perché la loro storia d’amore, perennemente costellata dalla presenza/assenza dell’amico Nicola che, pragmatico contraltare del romantico Piero, si mostra solo all’inizio e alla fine del romanzo, lì dove non c’è spazio per le illusioni, non ha il beneficio del lieto fine. Non ce l’ha perché la vita nemmeno lo ha; non sempre, almeno. Soprattutto in una generazione che, precaria anche nei sentimenti, ama le illusioni ed è convinta che “cinquemila chilometri” si possano superare come niente fosse con una telefonata. E anche se questa non è una storia autobiografica, Manuele, che ha un background di valigie fatte e disfatte, lo sa. Il suo diventa così uno sguardo oggettivo, puro, che non commenta (“non siamo mica qui per la resa dei conti”, dirà alla fine Piero). Ma racconta. Guardando a Truffaut, osserva la realtà quotidiana e la rende universale. Accende una luce su tre vite qualsiasi e lascia che i personaggi prendano in mano le redini e diano vita alla storia, perché - come spiega nell’intervista che segue la vittoria del Premio 2011 per il Miglior Fumetto del prestigioso Festival di Angoulême (Francia) - lui mette gli ingredienti, pescando fra le sue stesse caratteristiche e il loro esatto opposto, “qualcuno è più coraggioso, qualcuno è più vigliacco, qualcuno è più furbo…”, e poi osserva cosa fanno: vuole guardarli dritti negli occhi, e non muoverne i fili come fossero marionette. <br />
Tutto parte dal disegno: le idee come le pagine, senza mai uno storyboard. Ed è proprio dalla necessità di ridar vita ai panorami emotivi su cui Manuele ha percorso le sue vite precedenti che nasce “Cinquemila chilometri al secondo”. Graficamente, la storia è scandita dagli stacchi cromatici che concretizzano quei Paesi tanto diversi: i malinconici blu norvegesi in cui si rispecchiano i dubbi esistenziali di Lucia, i gialli, i verdi, i marroni di un’Africa calda e accogliente (anticipati dagli stessi colori nella rappresentazione della giovane e spensierata patria romagnola di Fior) fino a una pioggia battente, che tutto scolora nel momento della verità. Il tratto, invece, rimanda tanto a Degas (ricordate la sua serie di donne al bagno?) e ai Fauves quanto all’espressionismo tedesco di Kirchner. Quasi sull’onda di un suo lavoro precedente: “La signorina Else”, tratto dall’omonima opera di Schnitzler. Ora che si è fermato, a Parigi, c’è la paura di non avere spunti. O forse no: è anche dalle radici che germogliano storie degne da raccontare. <br />
<br />
<strong><span style="color: #3d85c6;">Tu sottolinei le differenze di ognuno dei luoghi di Cinquemila grazie a un uso sapiente del colore, ma qual è secondo te la principale difficoltà nel rappresentare un Paese straniero?</span></strong><br />
Non ho trovato difficoltà a rappresentare l’estraneità dei paesi, forse perché sin dall’inizio ho scelto dei posti agli antipodi, l’Egitto, la Norvegia, in mezzo a loro l’Italia. Sono paesi che hanno veramente poche cose in comune. Di ciascuno penso di aver dato una visione molto soggettiva, lontana dal reportage, fortemente filtrata dai miei ricordi e dalle mie impressioni.<br />
<br />
<strong><span style="color: #3d85c6;">L’acquerello permette di creare piccoli quadri di vita dai contorni indefiniti. È impossibile delineare in modo preciso le vicende umane? È questo il motivo della scelta? Serve a sottolineare la precarietà di queste esistenze?</span></strong><br />
La scelta della tecnica è qualcosa che viene prima di tutto, nel mio caso, prima ancora di identificare il soggetto di un libro. Considerando la natura effimera dei sentimenti, probabilmente c’è una certa corrispondenza nel modo di rappresentarli. Volevo comunque che il risultato grafico finale fosse solido, ben leggibile e che le ambiguità rimanessero nella testa del lettore, non nella narrazione.<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhPTCtUv143JzQuvciVu_d4f70ryrorawfhd_dPN9AxHoVL2iMD3Mva3cgBXqWr7zo6oRYlczNiCQJ2b8QnLBIeI-3zK3BgNI2WFykTd1BCzCOC2xl1xjMwAmZi9iWSDFDgoFgylvdJbKY/s1600/3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="296px" rda="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhPTCtUv143JzQuvciVu_d4f70ryrorawfhd_dPN9AxHoVL2iMD3Mva3cgBXqWr7zo6oRYlczNiCQJ2b8QnLBIeI-3zK3BgNI2WFykTd1BCzCOC2xl1xjMwAmZi9iWSDFDgoFgylvdJbKY/s320/3.jpg" width="320px" /></a></div>
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<strong><span style="color: #3d85c6;">Hai spiegato che i cinquemila km al secondo sono l’emblema di una comunicazione che “sembra sempre più semplice, (…) per cui si ha l’illusione di essere presenti uno all’altro anche se non ci si vede praticamente più”. Perché piove nel finale? L’acqua spegne i colori dell’illusione?</span></strong><br />
Non c’è un perché, la pioggia non ha un valore simbolico o didascalico, mi sembrava solo una bella cornice per chiudere. Io credo che le illusioni abbiano una funzione molto importante, anche quando muoiono. E poi non muoiono mica tutte! Non volevo fare un’apologia del disincanto, ho cercato di restare più possibile vicino a una vicenda realistica, che non è successa a me, né ad altre persone che conosco, ma che potrebbe succedere a chiunque. <br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgj9fu9qe_2nsemZd8coxXaay6zrzZ5X2B78W9DX7xkP5ZfQ_dBgWpb7rYy8Esb1Jbh8N1QQh8F6Qte_p3Ke2m1nDyDfWv6paDDtqWFgww29qRjDwUwNlBgCVitayZyWSNo8u0GYvJG94Y/s1600/3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="302px" rda="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgj9fu9qe_2nsemZd8coxXaay6zrzZ5X2B78W9DX7xkP5ZfQ_dBgWpb7rYy8Esb1Jbh8N1QQh8F6Qte_p3Ke2m1nDyDfWv6paDDtqWFgww29qRjDwUwNlBgCVitayZyWSNo8u0GYvJG94Y/s320/3.jpg" width="320px" /></a></div>
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<strong><span style="color: #3d85c6;">Ricollegandomi alla domanda di prima, direi che la tua è una visione della tecnologia piuttosto disincantata e negativa. In quest’ottica, come vedi le moderne applicazioni del fumetto?</span></strong><br />
La tecnologia ha cambiato il fumetto, come ha cambiato tanti altri aspetti dell’arte e della vita in generale. Il fumetto è stato per molti anni pennello Windsor & Newton e inchiostro di china – per essere al meglio riproducibile; oggi si può scannerizzare qualsiasi cosa che faccia un segno sulla carta. Per questo stanno nascendo molti altri modi di disegnare e scrivere fumetti, che a mio parere allargano il campo d’azione di questo linguaggio. In questo senso io sono il primo a sguazzare dietro ogni nuovo ritrovato tecnologico.<br />
Se la domanda verte più sugli e-book sono meno preparato, mi sembra che non si sia ancora arrivati a qualcosa di soddisfacente neanche riguardo al formato libro in generale. Ma, ripeto, non me ne intendo un granché.<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjHHiONjW7R-Nr1hrJkwkSJECg1oC4bZmdT-4S9hTVxNh3D66I7v82N8z11L8gFmoDQKWe6tQHJMsRm_4TmpKQU9KVL1ocu7P-bKev0IBucXDYyBsnoSvDJkCJ0J28W-1x9dLcd-GUk06o/s1600/3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="305px" rda="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjHHiONjW7R-Nr1hrJkwkSJECg1oC4bZmdT-4S9hTVxNh3D66I7v82N8z11L8gFmoDQKWe6tQHJMsRm_4TmpKQU9KVL1ocu7P-bKev0IBucXDYyBsnoSvDJkCJ0J28W-1x9dLcd-GUk06o/s320/3.jpg" width="320px" /></a></div>
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<strong><span style="color: #3d85c6;">Nel tuo blog ti chiedi: quante volte si rifà una vignetta? Io ti chiedo: quante volte si riscrive una battuta? I dialoghi sono forse uno degli elementi più sottovalutati, laddove raggiungere una sintesi significativa non è affatto semplice…</span></strong></div>
Infatti, e per dirla alla Paolo Bacilieri (l’autore di Zero Porno e, fra gli altri, della serie bonelliana Napoleone, ndr), anch’io riscriverei alcune battute anche a libro stampato. Il testo nel fumetto occupa uno spazio che può andare da zero a un certo livello, che non deve essere troppo.<br />
A me sembra sempre più simile alla scrittura teatrale. Essendo limitato, deve essere ben congegnato. Ci sono testi che hanno una funzione esplicativa, ce ne sono altri che servono solo a se stessi. Io alla base sono un disegnatore e ho dovuto imparare a scrivere (ammesso che ce l’abbia fatta): mi impegna sempre molto.<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhnms4hRr7q9wPB1UBRutCo5P20n9VSale3bahtd0lbztXHkIuVxX0wRXy6RpIZWL7V7hCiUNdcsQ28fS6thIfSU9bNhIvDCagLWxU3120GCajbp6N3Rhp_YcYJehMHhGfnKvA3qQ_e3y0/s1600/3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="302px" rda="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhnms4hRr7q9wPB1UBRutCo5P20n9VSale3bahtd0lbztXHkIuVxX0wRXy6RpIZWL7V7hCiUNdcsQ28fS6thIfSU9bNhIvDCagLWxU3120GCajbp6N3Rhp_YcYJehMHhGfnKvA3qQ_e3y0/s320/3.jpg" width="320px" /></a></div>
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<strong><span style="color: #3d85c6;">Hai una laurea in architettura. Pensi che incida o abbia influenzato in qualche modo il tuo lavoro?</span></strong><br />
Sì, penso che mi abbia aiutato a distogliere lo sguardo dal mondo del fumetto e dei fumettisti che a volte è molto autoreferenziale. Sono un lettore e un appassionato di fumetti, ma anche di altre cose. L’architettura rimane un interesse fondamentale. <br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj9YtY-WFe3eEpaiEIpYQ75Fho92ly4b7nmDY6CAHv-WwuWtMZmd1_MdxfSP9ISy-xnplpnJRuqLqjpwyAarEepEdw9ZRJDIz-dif8MsGRqPmsZvS59luULNZCzlXL5JhpDbvWFHmHNVf4/s1600/3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="287px" rda="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj9YtY-WFe3eEpaiEIpYQ75Fho92ly4b7nmDY6CAHv-WwuWtMZmd1_MdxfSP9ISy-xnplpnJRuqLqjpwyAarEepEdw9ZRJDIz-dif8MsGRqPmsZvS59luULNZCzlXL5JhpDbvWFHmHNVf4/s320/3.jpg" width="320px" /></a></div>
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<strong><span style="color: #3d85c6;">Cosa vuol dire per un giovane autore italiano, per quanto cittadino del mondo, approdare al NewYorker? </span></strong><br />
una grande soddisfazione, anche se poi quando vedi l’illustrazione pubblicata 12 x 12cm pensi “beh tutto qui”? Spero che mi diano almeno una copertina.<br />
<strong><span style="color: #3d85c6;">Il viaggio: protagonista di Cinquemila, lo è anche del numero estivo di Internazionale, di cui hai realizzato la cover. Un argomento che ti è caro… cosa rappresenta per te? </span></strong><br />
Rappresenta un modello di vita. Spero di non aver finito di viaggiare, non nel senso turistico, ma nel senso di andare a lavorare da qualche altra parte, imparare un’altra lingua. Mi dà la sensazione di essere libero.<br />
Pensando a “La signorina Else”, quali sono secondo te le sfide più grandi nella trasposizione di un’opera letteraria? Quali le principali differenze con la creazione tout court? <br />
La sfida alla base è quella con l’autore che si vuole adattare, rispetto al quale bisogna perdere un certo timore riverenziale. Quando scrivi una cosa di tuo pugno pensi sempre se valga veramente la pena di raccontarla. In un adattamento parti da una base di cui sei più certo, visto che l’hai scelto. L’attenzione si sposta per cui sugli aspetti più tecnici di mise en scene. Volendo poi, si dovrebbe avere il coraggio di confrontarsi veramente col messaggio dell’autore e attualizzarlo o contraddirlo, ma non penso di essere arrivato a tanto con La signorina Else. Mi sono accontentato di tradurlo in un fumetto.<br />
<strong><span style="color: #3d85c6;">Riferendoti al vivere in un Paese straniero in Cinquemila si dice “Agli occhi di queste persone rimaniamo degli estranei. Col tempo finiamo per diventarlo anche dei nostri cari. E questo non vuol dire essere liberi. Persi semmai.” Tu sei libero o perso? </span></strong><br />
Mi sento libero penso, per quanto si possa essere liberi nella nostra società. Non mancano momenti in cui ti manca il terreno da sotto i piedi, ma è un gioco che vale la candela. <br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhMT4O1KDYuNuTFEQ-ZYdPPBY9LLSDBBFH6MSJj-IASTZcZQw5T51NBpyle9_5LDQUJmlyUG5Fouqi_vO8ZQhMV9XKAHqb5tp4AjpxPJdewqD14To3O98I-cNu6eTDPuMxwaJdZUy4zopY/s1600/4_crop.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="151px" rda="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhMT4O1KDYuNuTFEQ-ZYdPPBY9LLSDBBFH6MSJj-IASTZcZQw5T51NBpyle9_5LDQUJmlyUG5Fouqi_vO8ZQhMV9XKAHqb5tp4AjpxPJdewqD14To3O98I-cNu6eTDPuMxwaJdZUy4zopY/s320/4_crop.jpg" width="320px" /></a></div>
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BIO<br />
Nato a Cesena nel 1975. Dopo la laurea in Architettura a Venezia nel 2000, si trasferisce a Berlino, dove lavora fino al 2005 come fumettista, illustratore e architetto.<br />
Nel 1994 vince il primo premio alla “Bienal do Juvenes Criadores do Mediteraneo” di Lisbona – settore fumetto. La collaborazione con l’editore tedesco Avant-Verlag comincia nel 2001 con rivista Plaque.<br />
Da allora inaugura una fitta produzione di storie corte a fumetti scritte dal fratello Daniele, apparse su Black, Bile Noire, Stripburger, Forresten, Osmosa.<br />
Ha pubblicato le graphic novel Cinquemila Chilometri Al Secondo - Coconinpress 2010 (Fauve d’Or – Miglior Album – Festival Internazionale di Angoulême 2011, Premio Gran Guinigi – Autore Unico, Lucca 2010), La Signorina Else - tratta dal romanzo di A. Schnitzler – Coconinopress 2009 (Prix de la ville de Genève 2009), Rosso Oltremare – Coconinopress 2006(Premio Attilio Micheluzzi, Miglior Disegno per un Romanzo Grafico, Napoli), Les Gens le Dimanche – Atrabile 2004.<br />
Collabora con le sue illustrazioni per The New Yorker, Le Monde, Feltrinelli, Einaudi, Sole 24 Ore, Edizioni EL, Fabbri, Internazionale, Il Manifesto, Rolling Stone Magazine, Les Inrocks, Nathan, Bayard, Far East Festival.<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg_hD2HcNvyTSDZaCipBkGobGA9E1AkIvZQnpARmmBIZjS6Te8M5WagrfZ8M7RtvSUQr3RpMiFd1yN9768Jmbb3sibDwsmIMPTneCDXBXekVJMo77ZQ_806KWspxZqY76nXRt88McoRQQA/s1600/2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320px" rda="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg_hD2HcNvyTSDZaCipBkGobGA9E1AkIvZQnpARmmBIZjS6Te8M5WagrfZ8M7RtvSUQr3RpMiFd1yN9768Jmbb3sibDwsmIMPTneCDXBXekVJMo77ZQ_806KWspxZqY76nXRt88McoRQQA/s320/2.jpg" width="226px" /></a></div>
Tutte le immagini sono ©Manuele Fior. Cinquemila chilometri al secondo è un'edizione Coconino Press 2010<br />
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<br />emmehttp://www.blogger.com/profile/18402574814340462580noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-8073011521308781529.post-63620075198910182682011-09-22T02:30:00.000-07:002011-10-19T03:44:35.918-07:00Ancora copywriting. Per AISM<br />
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Naming, studio e sviluppo dello stand AISM per il XLII Congresso SIN- società italiana di neurologia<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiYatUC_llZvSAVgs__iNcSAOEcaj7IYJOudkoh8KOkvQvCEEzlx_Njx3VXWjE2ykoZ4knygnsT2aBSH1dpmhicwfzoodHZXXkOz-e8Bxj9SBcN1ZYpLnXPECRnCIlylx4RAB5f3wsiUU8/s1600/rock_cartolina_fronte.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="278px" nba="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiYatUC_llZvSAVgs__iNcSAOEcaj7IYJOudkoh8KOkvQvCEEzlx_Njx3VXWjE2ykoZ4knygnsT2aBSH1dpmhicwfzoodHZXXkOz-e8Bxj9SBcN1ZYpLnXPECRnCIlylx4RAB5f3wsiUU8/s400/rock_cartolina_fronte.jpg" width="400px" /></a></div>
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<br /></div>emmehttp://www.blogger.com/profile/18402574814340462580noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8073011521308781529.post-16651498270880941512011-08-02T03:55:00.000-07:002011-08-02T03:55:49.443-07:00Working as a copywriterNaming, studio e sviluppo del logo dell'agenzia wedding planner: <br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><img border="0" height="243px" m$="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhaLP6cTnc5W10_akymGnXpeaMQjXrISped7MfpJj6rOR0aaG-0ePITEGd7RXELLGGLKSBB1krx57ZqcPumfdx0jKdEWv0aX7GuQull9RIjLRp1rx1IMw9BKeAgZGO0RWap2Zi-WfcBQYo/s400/bigliettimo_crop.jpg" width="400px" /></div><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><br />
</div><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><br />
</div>emmehttp://www.blogger.com/profile/18402574814340462580noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8073011521308781529.post-11791232099803249602011-04-19T06:51:00.000-07:002011-04-19T06:54:01.760-07:00PIETRO SCARNERA. Pensieri di ieri, pensieri di oggi<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEih6GfwSjp_eQfNbOXGcZ-9OQcyl23sxUfOFcaHgqHhiA8QY8SuIT5st5T8ZLkOyp_pTEZm-eRPCK_gjTqzl02TUbWB167Nvbopm8U78eXVV6nG-Fu-syakLUXYFJHp8Y2UyU5lD0vQ8Xk/s1600/22+copia.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320px" i8="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEih6GfwSjp_eQfNbOXGcZ-9OQcyl23sxUfOFcaHgqHhiA8QY8SuIT5st5T8ZLkOyp_pTEZm-eRPCK_gjTqzl02TUbWB167Nvbopm8U78eXVV6nG-Fu-syakLUXYFJHp8Y2UyU5lD0vQ8Xk/s320/22+copia.jpg" width="226px" /></a></div>Coinvolgente suo malgrado. L’opera prima di Pietro Scarnera, “Diario di un addio” (Ed. Comma 22), vincitrice nel 2009 della selezione regionale del Premio Komikazen (Festival del fumetto di realtà), cronistoria degli ultimi anni trascorsi accanto al padre in stato vegetativo, inserisce così – grazie a una lucida capacità di rendicontazione - il giovane Pietro nel novero degli autori maturi. Un testo forte, come solo un’esigenza poteva dettare, che mostra come la realtà di chi si ritrova nella condizione di vita sospesa non sia quella del pacifico dormiente presentata dalla cinematografia classica. Lui, che nella vita si occupa di giornalismo e comunicazione, nel suo romanzo si esprime solo attraverso didascalie. Ed è proprio attraverso questo silenzio che riesce a incidere le coscienze obbligando a riflettere, che riesce a riunire due posizioni opposte – quella di Beppino Englaro e quella di Fulvio De Nigris – nella postfazione al libro. Graficamente naif, con un tratto che non commenta ma è tuttavia estremamente espressivo, Pietro ci accompagna nel suo percorso interiore, fino alla ricomposizione stessa dell’immagine del padre che, in un’intensa vignetta a piena pagina, era esplosa in mille frammenti.<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgQb5fiw6tJ8jQEnhhhT0rL5iPkCR78tAHgxFOSd94HLXv-wL7tvUR6R-zE4AQ24LbOotpjwdD9JRAuNTEUSAP8Zk8kpKLfp_xYyEIkT7mliMkbrL8l8ZcQsa1ijownKmO3wMtcoBgCDPo/s1600/04+copia.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320px" i8="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgQb5fiw6tJ8jQEnhhhT0rL5iPkCR78tAHgxFOSd94HLXv-wL7tvUR6R-zE4AQ24LbOotpjwdD9JRAuNTEUSAP8Zk8kpKLfp_xYyEIkT7mliMkbrL8l8ZcQsa1ijownKmO3wMtcoBgCDPo/s320/04+copia.jpg" width="226px" /></a></div><br />
<strong><span style="color: #45818e;">Partiamo dalla scena delle barchette di carta: una flotta per difendersi dalle emozioni. Qual è stata la sfida più difficile da affrontare? Quali emozioni incarnavano e quali messaggi mandavano a chi condivideva la tua situazione? </span></strong><br />
I cinque anni in cui mio padre ha vissuto in stato vegetativo sono stati tutti difficili, non saprei identificare una “sfida” in particolare... però c'è stato un momento in cui facevo fatica a reggere la situazione anche fisicamente: per circa un mese mio padre è stato ricoverato in un reparto di medicina generale, e non era un posto adatto a lui, anche gli infermieri non sapevano come comportarsi... così dovevamo starci sempre, a volte anche di notte. Quel periodo mi ha fatto capire quanto è importante un'assistenza qualificata per queste persone, quella che abbiamo trovato nella clinica di lungodegenza in cui alla fine siamo stati trasferiti. Senza una struttura del genere, non so quanto avremmo retto... Per quanto riguarda le barchette, in realtà mi sono reso conto solo lavorando al libro di cosa significavano: non penso chemandassero messaggi all'esterno, erano solo un piccolo stratagemma per non pensare, per tenere lemani occupate... poi ho scoperto che anche mia zia (la sorella di mio padre) ha questa mania delle barchette, si vede che è una cosa di famiglia! <br />
<br />
<strong><span style="color: #45818e;">“Evitavo di scrivere quello che provavo. Non sapevo cosa sarebbe venuto fuori”. Scrivere di una situazione che fa soffrire a volte non è catartico: è impossibile. Disegnare invece no. Come mai secondo te? </span></strong><br />
Quando qualcosa non va, il mio primo impulso è di mettermi a scrivere, e di solito mi fa sentire meglio. Nel periodo raccontato nel libro invece la scrittura non funzionava: qualche volta ci ho provato, ma mi faceva stare male, peggiorava le cose, e ho capito che non potevo scrivere finché quella storia la stavo vivendo. Anche disegnare mi faceva stare male, ma era una cosa che controllavo molto meno... in realtà io volevo disegnare altre cose, però spesso sulla pagina comparivano questi disegni piuttosto “disturbati”, i volti dei malati che vedevo intorno a me, che poi ho voluto inserire anche nel libro.<br />
<br />
<strong><span style="color: #45818e;">Il fumetto accompagnato da didascalie piuttosto che da balloon fa vivere appieno il dramma del silenzio, il tuo dramma personale. Come definiresti il peso parole/immagini? E com’è nata questa scelta, consapevolmente o spontaneamente?</span></strong><br />
È stata piuttosto spontanea: avevo moltissime cose da dire. Una delle cose che mi piace del Diario è che mi sembra molto “denso”, pieno di cose. Penso che sia importante per un fumetto: si impiega tanto tempo a realizzare qualcosa che poi si legge, nel caso del mio libro, in un quarto d'ora-venti minuti. Ecco, se almeno in quel quarto d'ora riesco a “catturare” il lettore, a dilatare almeno la sua percezione del tempo di lettura, allora ne vale la pena. <br />
<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEggKtdKOzEbJRjlClrBq01GGPSaYc1K5l5aEe28Vmn4XCGPXuWioZTzIGDHVz3F-TBCfjAI2elXi6omRLUVcqDh7gkzSP_WCBOdKDlUbgkjrrounT5m6EBe4OBrZo8Hxj9vxaKN9lM3T9Y/s1600/55+copia.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320px" i8="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEggKtdKOzEbJRjlClrBq01GGPSaYc1K5l5aEe28Vmn4XCGPXuWioZTzIGDHVz3F-TBCfjAI2elXi6omRLUVcqDh7gkzSP_WCBOdKDlUbgkjrrounT5m6EBe4OBrZo8Hxj9vxaKN9lM3T9Y/s320/55+copia.jpg" width="226px" /></a></div><span style="color: #45818e;"><strong>La semplicità del tratto ti ha permesso di essere più crudo rispetto all’aver usato delle parole nella descrizione. Cosa ti ha dato la forza di riaprire le ferite, sviscerarle e riprodurle nel lungo lavoro di un anno per scomporre e ricomporre appunti e disegni in un fumetto strutturato?</strong></span><br />
Bè, a un certo punto mi sono accorto che dovevo raccontare questa storia: tutti parlavano di coma e stato vegetativo, sui giornali, in tv, e quasi sempre a sproposito. E io non riuscivo a stare zitto, avevo proprio bisogno di raccontare... infatti mentre vivevo quel periodo non riuscivo a parlarne all'esterno, dopo non mi facevo problemi, lo dicevo a tutti, anche agli sconosciuti. Però una cosa è parlarne, un'altra è realizzare un libro, e soprattutto un libro a fumetti: avevo molti dubbi, così ho deciso di mandare alcune tavole a Komikazen (un concorso per giovani fumettisti dell'associazione Mirada di Ravenna): è un concorso piuttosto rinomato nel mondo del fumetto, e a me interessava avere un parere, sapere se secondo qualcun altro era una buona idea fare questo libro. E poi ho avuto anche un vero editore che mi ha seguito molto da vicino: in fondo io non avevo mai fatto niente del genere prima, ho dovuto imparare. All'inizio comunque volevo dare una testimonianza, pensavo di raccontare le cose in maniera molto oggettiva. Poi mi sono reso conto che dovevo ripercorrere tutti quei cinque anni, tutte le emozioni che avevo provato, perché il libro fosse sincero. È stato abbastanza doloroso rivivere e disegnare la prima metà della storia, mentre la seconda parte era ancora fresca nella memoria, quindi più facile da realizzare.<br />
<br />
<strong><span style="color: #45818e;">Non ti è mai venuta l’idea di far rivivere tuo padre in un fumetto? Quale tratto useresti in quel caso, descrittivo, evocativo, ironico? O addirittura sceglieresti un’altra forma di espressione?</span></strong><br />
No, non sento questa necessità, veramente. Anche nel Diario ho evitato di mostrare mio padre com'era “prima”, sarebbe stato troppo personale e poi non so se avrebbe aggiunto qualcosa... volevo solo raccontare come vive una persona in quelle condizioni e come reagisce chi gli sta vicino, in questo caso un figlio. Que-sto aspetto poteva avere una valenza generale, non solo personale, per cui ho “isolato” la mia esperienza in quella determinata situazione. È il motivo, per esempio, per cui mia mamma e mia sorella non compaiono nel libro. Quindi è un'autobiografia fino a un certo punto: quello che ho raccontato è tutto vero, ma ci sono anche altre parti di me che non sono finite nel libro.<br />
<br />
<strong><span style="color: #45818e;">Quando hai realizzato di aver prodotto il più alto contributo – per delicatezza e neutralità – al dibattito più attuale e doloroso della scelta della “fine vita”? </span></strong><br />
Io volevo provare a dare una base a questo dibattito, a dire “Ma sapete di cosa parliamo quando parliamo di stato vegetativo?”. Mi interessava questo, dare un'informazione corretta, poi ognuno è libero di costruirsi una sua idea. Per questo il libro doveva essere innanzitutto sincero, e infatti dentro ci sono tutti i miei dubbi e le mie paure: penso che questa onestà si percepisca, e mi ha fatto molto piacere che il libro sia piaciuto sia a Beppino Englaro che a Fulvio De Nigris, due persone che hanno opinioni opposte sull'argomento. Nel libro io non prendo posizione fra le due parti, ma è chiaro che ho una mia idea: penso che ognuno debba essere libero di scegliere, però la scelta dev'essere consapevole (quindi bisogna informarsi) e non deve essere dettata da fattori esterni, come la mancanza di strutture adeguate o di soldi (perché assistere queste persone in molti casi costa). <br />
<br />
<strong><span style="color: #45818e;">È più una forza intellettuale o emotiva che traduce una valanga di emozioni in un tratto così semplice, elegante ed efficace? </span></strong><br />
Penso che sia un mix di entrambe le cose... o semplicemente questo è il mio modo di disegnare, almeno lo è stato per questo libro. A rivederlo adesso mi sembra un tratto molto acerbo, anche un po' infantile, del resto<br />
è il mio primo libro... però è anche giusto che sia così, visto che è la storia di un figlio.<br />
<br />
<strong><span style="color: #45818e;">Questo è un romanzo di formazione, di crescita, una storia che fa riflettere e imparare: in primis, un buon atteggiamento verso la vita. Qual è stato invece il romanzo che ha formato te? E quale il fumetto che ha ispirato il tuo tratto? </span></strong><br />
Forse sembrerà un po' strano, ma è ancora il primo libro che ho letto: il Grande Gigante Gentile di Roald Dahl, con le illustrazioni di Quentin Blake. È un libro che fa ridere, commuovere, spaventare e pensare allo stesso tempo, e poi ci sono dei disegni meravigliosi. All'epoca avevo 8 anni e abitavo in un paesino sugli Appennini in provincia di Bologna: un giorno aprì la biblioteca del paese e per Natale regalarono un libro a tutti i bambini: ame capitò il GGG! È una cosa di cui vado molto fiero, e penso davvero che se non l'avessi letto allora, adesso sarei una persona diversa. Per il Diario, però, sicuramente mi è stato molto utile “Il grande male” di David B., secondo me uno dei fumettistimigliori al momento: in questo libro racconta dell'epilessia del fratello, “il grande male” appunto, quindi mi ha aiutato a capire come si racconta la malattia. Graficamente però il disegno di David B. è molto diverso dal mio, e poi lui è molto più bravo. Mi è servito tanto anche leggere Primo Levi, uno dei miei scrittori preferiti, per capire come si raccontano cose delicatissime e personali con il giusto equilibrio fra distacco e partecipazione.<br />
<br />
<span style="color: #45818e;"><strong>Com’è nata l’esigenza di esprimersi con il fumetto? E su quali temi era orientata questa scelta all’inizio? Per il futuro, invece, quali sono i tuoi progetti in questo campo? </strong></span><br />
Per me testi e disegni sono sempre andati di pari passo, anche se non ho mai studiato arte ho continuato a disegnare per i fatti miei, quindi mi viene naturale esprimermi così. In questo caso però usare il fumetto aveva anche un altro senso. Di solito una persona in coma viene raffigurata come una persona che dorme, è un'immagine standard che vediamo ogni giorno al cinema o in tv. Avevo anch'io in testa quest'immagine, e ho provato rabbia quando mi sono accorto che la realtà (almeno la realtà dello stato vegetativo) è totalmente diversa. Mi interessava rispondere a questa immagine, “far vedere” quello che ho visto io. Però era impossibile farlo con un disegno realistico, sarebbe stato offensivo. Quindi ho disegnato mio padre, e gli altri malati come lui, con uno stile il più possibile neutro. Poi questo è diventato il tema centrale del libro: ho potuto rendere anche graficamente la mia sensazione di “non riconoscerlo”, di non trovare corrispondenza fra la persona distesa nel letto d'ospedale e mio padre come me lo ricordavo io.<br />
Attualmente sto iniziando a lavorare a un nuovo libro. L'argomento è ancora top secret, ma questa volta non sarà autobiografico. Nel frattempo vorrei fare qualche storia breve (come "I gatti degli inglesi", che ho pubblicato sul mio blog) e illustrazioni... qualche richiesta è già arrivata dopo la pubblicazione del Diario.<br />
<br />
<strong><span style="color: #45818e;">Infine, un tuo parere da professionista nel campo dell’editoria: cosa pensi del fumetto digitale?</span></strong><br />
Personalmente penso che il libro, e quindi anche il libro a fumetti, sia una tecnologia migliore del libro elettronico: costa molto meno, si può portare dovunque, se si rovina non è un dramma e leggere sulla carta è molto meno faticoso che leggere su uno schermo. Però non vuol dire che il digitale non offra opportunità. Per quanto riguarda il fumetto, penso che funzioni molto bene per le strisce: ad esempio Doonesbury, la strip di Garry B. Trudeau, ha un bellissimo sito e leggere ogni mattina la striscia del giorno non è affatto male. I vari blog e Tumblr invece sono perfetti per la promozione dei nuovi autori (ne ho uno anch'io, si chiama “Pensieri di ieri”, (<a href="http://pensieridieri.blogspot.com/">http://pensieridieri.blogspot.com/</a>)... in generale comunque sul web è tutto piuttosto rapido, per cui penso che anche nel campo del disegno siano più efficaci le vignette, le singole illustrazioni e le storie molto brevi. Ma per le narrazioni lunghe il libro è ancora insuperato.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhezJgTmMjd80xm9e8TMKeYrmiFOT2i8wjsLAb-Di8gA2VnS6uDbItXxg_oMdNKmUl54cNJI7xKRyNhqtggHPbsIxMOi44751cUpsiC3X55Um7aoHV789dM2Ll1ldvvZEla1wBNwm1oapg/s1600/Copertina.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320px" i8="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhezJgTmMjd80xm9e8TMKeYrmiFOT2i8wjsLAb-Di8gA2VnS6uDbItXxg_oMdNKmUl54cNJI7xKRyNhqtggHPbsIxMOi44751cUpsiC3X55Um7aoHV789dM2Ll1ldvvZEla1wBNwm1oapg/s320/Copertina.jpg" width="220px" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br />
</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">Articolo uscito sul numero 13/2011 della rivista <a href="http://www.satura.it/eventi/875/SATURA%20RIVISTA%20TRIMESTRALE.html">Satura</a></div>emmehttp://www.blogger.com/profile/18402574814340462580noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-8073011521308781529.post-5974606357003960552011-02-07T05:29:00.000-08:002011-02-08T12:58:36.659-08:00Screen/ing - La versione di Barney, Il discorso del re, Hereafter, Biutiful<strong></strong><br />
Sinteticamente...<br />
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<strong>Il discorso del re</strong><br />
Imperdibile. Da chi ama i romanzi storici, da chi pensa che la compagna di Tim Burton scelga difficilmente ruoli che non meritano, da chi ha voglia di godersi un po' di sano humour inglese.<br />
<br />
<strong>La versione di Barney</strong><br />
Da vedere. Anche se, come si poteva immaginare, non regge il confronto con il libro, che pare essere piaciuto al solo mercato italiano, tanto da sostituire la rive gauche con una Roma da artististoidi coatti (in cui includere la naturalmente pessima recitazione di uno dei noatri). <br />
<br />
<strong>Hereafter</strong><br />
L'uomo dagli occhi di ghiaccio strappa lacrime senza troppo impegno: chi non piangerebbe davanti a un bambino che cerca-di-salvare-la-madre-dal-tunnel-della-droga-e-ne-rimane-ucciso? Inutile, direi. <br />
<br />
<strong>Biutiful</strong><br />
Splendido. Ma sono una donna e pare che su questo Bardem incida non poco. Senza essere di parte, però, la recitazione è perfetta, così come sceneggiatura e regia (e se non avete visto altri film di Inarritu correte a rimediare). La risposta messicana a Hereafter non strappa solo lacrime: stravolge.emmehttp://www.blogger.com/profile/18402574814340462580noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8073011521308781529.post-71429934070524689522011-01-10T06:03:00.000-08:002011-01-10T06:03:35.932-08:00Screen/ing Tamara Drewe<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhy9z6iKwmq2sKub9hyWVjtoWNYRPAGkZicPQKNs7DoJBYigA2R3prFiHKw7l1E60BVFOuBPqVBhMbQqFx8ux9LFa7vKBcod6cVqJaIuIA01jbDwblGtj6LHijR7o21cXxRf4cVS22q4-U/s1600/Tamara.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" n4="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhy9z6iKwmq2sKub9hyWVjtoWNYRPAGkZicPQKNs7DoJBYigA2R3prFiHKw7l1E60BVFOuBPqVBhMbQqFx8ux9LFa7vKBcod6cVqJaIuIA01jbDwblGtj6LHijR7o21cXxRf4cVS22q4-U/s320/Tamara.jpg" width="275" /></a></div>Cinematograficamente parlando, ho inaugurato il 2011 con Tamara Drewe, il nuovo film di Stephen Frears tratto dall'omonimo graphic novel di Posy Simmonds, che il Time sul <a href="http://www.sonyclassics.com/tamaradrewe/">sito ufficiale</a> del film definisce "a capricious, deliciuos delight": niente da aggiungere, tranne... non perdetelo!emmehttp://www.blogger.com/profile/18402574814340462580noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-8073011521308781529.post-34743486870640682422010-12-20T06:17:00.000-08:002010-12-20T06:17:12.670-08:00<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhPOj-ZSGutpuzTzzRspLeO6clVNZpNLXMiKPZNQkvBz8mvnLZshRfJrneCP7g0zgRGe-Wnze7GFvxJt5sxhaTtwg8GZMnNT75oKHmP4bJNWbrdVAr0CNuKnxaQgK9yJSOvFO70UuQL7Nc/s1600/auguri.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="298" n4="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhPOj-ZSGutpuzTzzRspLeO6clVNZpNLXMiKPZNQkvBz8mvnLZshRfJrneCP7g0zgRGe-Wnze7GFvxJt5sxhaTtwg8GZMnNT75oKHmP4bJNWbrdVAr0CNuKnxaQgK9yJSOvFO70UuQL7Nc/s320/auguri.jpg" width="320" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"></div>emmehttp://www.blogger.com/profile/18402574814340462580noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8073011521308781529.post-74812102650295713372010-11-23T07:18:00.000-08:002010-11-23T07:18:48.798-08:00INTERVISTA A SUALZO... PARTE SECONDAEd ecco le ultime domande - e risposte - dell'intervista a Sualzo che, vi ricordo è uscita sul numero 11/2010 di Satura (<a href="http://www.satura.it/"><strong>www.satura.it</strong></a>). Buona lettura!<strong> </strong><br />
<br />
<strong>Elia dice “la poesia mi attira per la musica che porta con sé” e fra le citazioni che aprono i capitoli del libro c’è un’alta percentuale di poeti. È evidente che per te il rapporto è molto forte. Anche il fumetto può essere poetico. Ma musicale? Tecnicamente, intendo, non potendosi far sentire. </strong><br />
Nella mia storia la poesia è venuta proprio in soccorso di questa mancanza di audio del fumetto. Attraverso la cosa più simile alla musica che si possa leggere su carta, ho cercato di evocare il ritmo e le armonie che mi era impossibile riprodurre con la matita. Poi è chiaro che il lettore mi debba dare una mano mettendoci del suo.<br />
<br />
<strong>Il tuo tratto è pulito, senza sbavature, con un’ottima resa scenografica. </strong><strong>Ti consideri un esponente della ligne claire?</strong><br />
Ho amato molto la ligne claire, la sua evoluzione e, perché no, negazione che ha avuto negli autori francesi che ricordavo prima. <br />
<br />
<strong>Il fumetto e i nuovi media: quale futuro ha, secondo te, questo futuro? </strong><strong>E sempre per rimanere in tema, il linguaggio del fumetto come deve </strong><strong>– se deve - cambiare?</strong><br />
Credo che il fumetto possa e debba affacciarsi e “abitare” altri media, compresi quelli di ultima generazione (io sono un gran frequentatore di blog fumettistici, per esempio), in quanto parte della nostra vita culturale, ma che rimanga profondamente legato al suo supporto naturale. <br />
Questo almeno per me. Il linguaggio del fumetto sta cambiando di continuo, senza cancellare ciò che c’era prima semplicemente fa convivere (come il jazz del resto) nuovi e vecchi approcci senza troppi conflitti, a parer mio.<br />
<br />
<strong>Autobiografia: la storia di Elia è la tua storia. Quanto è facile raccontare </strong><strong>se stessi?</strong><br />
Raccontare se stessi ha la facilità di raccontare una cosa che si conosce molto bene e al tempo stesso la difficoltà di accettare di passare sotto la lente tutte le cose che non ti piacciono di te stesso. Io devo dire che ho risolto concedendomi dei piccoli “tradimenti” alla storia dove lo ritenevo utile al libro. Come dico sempre: le parti più improbabili sono reali, le altre me le sono dovute inventare.<br />
<br />
<strong>A cosa stai lavorando adesso? Puoi darci qualche indizio? Magari una </strong><strong>citazione di apertura...</strong><br />
In questo momento è troppo presto per poter dire qualcosa. Ma sto lavorando a una storia che parte da questa citazione di Giorgio Caproni:<br />
<br />
“Apriva una campana la mattina,<br />
ma era già tardi, tardi.<br />
E io ero alla guerra senza ripararmi”.<br />
Fra un anno mi spiegherò meglio.<br />
<br />
<strong>Un’ultima domanda: nella postfazione al tuo libro dici che anche la tua </strong><strong>trama ha cambiato rotta. L’improvvisazione è anche il segreto di una </strong><strong>buona storia?</strong><br />
Senza dubbio. Come potrei vantarmi di “contenere moltitudini” se non le lasciassi prendere il sopravvento proprio quando scrivo?emmehttp://www.blogger.com/profile/18402574814340462580noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8073011521308781529.post-21115678440938668042010-10-21T07:29:00.000-07:002010-10-21T07:29:37.534-07:00L'intervista - SUALZOCome anticipato prima dell'estate, ecco l'intervista realizzata per il numero 11/2010 della rivista "Satura".<br />
Buona lettura!<br />
<br />
THE MELODY AT NIGHT, WITH YOU:<br />
SUALZO, L'IMPROVVISATORE<br />
di Manuela Capelli <br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhWnnSX4FInW-uiwtU5avSiSNtjVbR3oljyogPd4EB1uUxRvxf-YG1dTFex-IBNOSZY0ZUrZsQt77JDBjVY1wS42n7yd0gjS1m6gQ1IX9hVnEHDLucQgpEzNz2RAQyJBiAAZVVJv-I4Nyw/s1600/extra13.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="345" nx="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhWnnSX4FInW-uiwtU5avSiSNtjVbR3oljyogPd4EB1uUxRvxf-YG1dTFex-IBNOSZY0ZUrZsQt77JDBjVY1wS42n7yd0gjS1m6gQ1IX9hVnEHDLucQgpEzNz2RAQyJBiAAZVVJv-I4Nyw/s400/extra13.jpg" width="400" /></a></div><br />
Quanti anni ci vogliono per scrivere un fumetto? O per studiare il sax? E per diventare famosi, avere la propria occasione di lasciare un segno nel mondo? Ma soprattutto: è importante davvero? La storia di Elia<br />
Sabaz, “l’improvvisatore” del titolo, corre su binari paralleli con quella del suo autore, Sualzo, Antonio Vincenti all’anagrafe. Naturalmente perché si tratta di una sorta di autobiografia. Elia fa il maestro di<br />
scuola, è un trentenne scapolo e insoddisfatto, alla disperata ricerca di 10 minuti di gloria in compagnia del suo amato sax. Capitolo dopo capitolo, perché qui il romanzo viene fuori anche nella forma, Elia si<br />
fa seguire con passione nel suo viaggio alla scoperta di qualcosa di più rilevante. Complici un tratto pulito e una scrittura poetica, perché in fondo è questo che Sualzo fa: non solo disegna, ma scrive bene. Come<br />
tutti i veri lettori. E che lui lo sia è chiaro: per le citazioni che antepone a ogni capitolo, per la resa strutturale dei personaggi, per l’accurata scelta delle parole.<br />
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È molto francese questa graphic novel, che oltretutto come spesso succede in questo campo è stata pubblicata prima in Francia e poi in Italia: nel tratto, in una certa caratterizzazione dei volti, nelle atmosfere. È anche estremamente cinematografica questa graphic novel: nella resa dei colori innanzitutto, ma anche nella storia, che potrebbe inserirsi nel filone calcato da Sliding doors e The family man. Solo che il gioco qui non è più cosa-sarebbe-successo-se…con cui suddetta filmografia ha già iniziato da anni<br />
ad auto-citarsi. Qui alla domanda si risponde con i fatti invece che con vacue supposizioni che lasciano sempre, in fondo e comunque, un po’ di amaro in bocca.<br />
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E la risposta è un sospiro di sollievo. La gloria non è tutto e la vita, se sai improvvisare, può riservare magnifiche sorprese. Come un’e-mail di Gipi – il maestro cui hai lasciato il tuo primo romanzo da leggere - da utilizzare come prefazione, o come il Prix Meilleur scenario nel 2009, il premio per la miglior sceneggiatura del Festi’BD di Moulins e la candidatura per il premio Micheluzzi come miglior fumetto al Comicon di Napoli 2010. È, infine, favolosamente romantica, questa graphic novel. Non solo perché Sualzo<br />
fa del sogno il vero protagonista (bilanciandolo sapientemente con una piacevole ironia), ma perché utilizza le<br />
poesie della moglie, Silvia Vecchini, per corredare il suo testo. Del resto per lui solo la famiglia è importante quanto il jazz: come Keith Jarrett, rinato a nuova vita dedica alla moglie “My melody at night, with you”, si può dire che anche per la nascita del Sualzo fumettista si deve ringraziare una donna. Almeno sulla<br />
carta: ed è proprio sulle note di Jarrett che, nell’Improvvisatore, Elia e Giuditta – Silvia Vecchini in panni di inchiostro - si fondono artisticamente.<br />
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<strong>Partiamo dagli esordi. Com’è nato il Sualzo fumettista?</strong><br />
Il fumetto è una passione che mi accompagna da una vita,mami sono deciso abbastanza tardi a provarci seriamente. A parte una breve parentesi nei primi anni 90 con un gruppo legato alla satira (sono stato uno dei componenti del manipolo di giovani scapestrati allevati dal grande e rimpianto Angese), direi che il Sualzo fumettista nasce nel 2000, proprio in coincidenza al mio trasferimento al lago Trasimeno, che del Sualzo inteso come animale è l’habitat naturale (“Sualzo” nel nostro dialetto lacustre indica l’uccello acquatico “Svasso”).<br />
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<strong>Quali sono le principali influenze nel tuo lavoro? In campo letterario e cinematografico, per esempio. Le</strong> <strong>citazioni nel libro ti direbbero lettore onnivoro: da Goethe a Pessoa a Bloch (Arthur, l’autore statunitense famoso per la Legge di Murphy). Mentre al cinema, ne “L’improvvisatore” danno Annie, di Woody Allen…</strong><br />
Sì, credo di essere un lettore onnivoro con una speciale predilezione per la mescolanza tra alto e basso, cosa che cerco sempre di riprodurre anche nelle cose che scrivo. Dal punto di vista fumettistico sono stato folgorato da tutta la “nouvelle vague” francese affacciatasi nel decennio scorso, Dupuy e Berberian in testa; sia dal punto di vista grafico sia per l’approccio alla storia. Profondo e lieve allo stesso tempo, intenso ma capace, quando serve, di non prendersi troppo sul serio. Alto e basso insomma, come piace a me. Le influenze sono comunque moltissime e continue, dalla letteratura, dal cinema, dalla musica, dalla poesia, tutto entra nel mio modo di raccontare le storie.<br />
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<strong>Per il dizionario Zanichelli “improvvisare” significa “tenere un discorso, comporre versi,musica per immediata ispirazione, senza studio o preparazione”. Questa definizione unisce oratoria, poesia e musica. Dando per assunto che siano arti in cui ci si deve saper destreggiare. Bisogna aggiungervi il fumetto? O la vita in generale?</strong><br />
Ecco, tanto per non prendersi troppo sul serio, mi sentirei di contestare la definizione dello Zanichelli... non è affatto vero che in musica (ma credo anche nelle altre arti) si possa improvvisare senza studio o preparazione. Anzi, l’improvvisazione ti obbliga a studiare moltissimo perchè tu possa essere in grado di scegliere le note da usare e quando, senza invece essere obbligato dai tuoi limiti a ripetere sempre le stesse cose. Pensandola così, credo proprio che si possa estendere questa visione al fumetto e alla vita in generale. <br />
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<strong>Una delle cose che mi sono piaciute di più del tuo romanzo è che si tratta – nonostante i tentativi iniziali di Elia - di un “elogio della normalità”: una vita semplice, che proprio per questo sottolinea come tutte possano essere ricche. Il tuo protagonista è un eroe del quotidiano. È sufficiente saper improvvisare?</strong><br />
Come dicevo prima, ci vuole una grande preparazione per improvvisare, poi è logico che nel libro c’è il gioco di parole tra questa accezione e quella, più condivisa, di “improvvisare” come quasi brancolare tra cose sconosciute nella speranza di venirne a capo. Il mio “eroe del quotidiano” come lo chiami tu si rende conto che sta oscillando tra questi due aspetti, e si rende conto che crescere un po’, impegnarsi di più, non vuol dire rinunciare all’improvvisazione comemodo di essere ma, al contrario, significa portarla ad un livello superiore e sicuramente più soddisfacente.<br />
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg7BMYW75Q27A1Bhdvngjt6BEV1f_Y1O2Vo30PwUmlzxy9vZRuDmr_3P7Rg5HrgtRiJPYSJ9jAwp0jwi3UYbWuGlWPvZ9NPyPxQ8N464-HkXciiIn80VVGLrttKASExMrUlSqOZ5QPvR7M/s1600/tav22.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="400" nx="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg7BMYW75Q27A1Bhdvngjt6BEV1f_Y1O2Vo30PwUmlzxy9vZRuDmr_3P7Rg5HrgtRiJPYSJ9jAwp0jwi3UYbWuGlWPvZ9NPyPxQ8N464-HkXciiIn80VVGLrttKASExMrUlSqOZ5QPvR7M/s400/tav22.jpg" width="322" /></a><br />
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<strong>Passiamo alla tecnica. Scrivi nel tuo </strong><strong>blog: “non so fare le scene notturne. O meglio, non riescomi sembrano sempre o troppo buie o troppo luminose” ma ne “L’improvvisatore” ce ne sono moltissime, che per altro sono state commentate da un lettore francese come un’ottima traduzione dell’ambiente. Erano una sorta di tua esercitazione?</strong><br />
Quella frase era riferita alla mia attività parallela di illustratore acquarellista. Quel mezzo è una costante camminata sul filo, una sfida continua che non ammette errori o ripensamenti. Se non temessi di ripetermi fino alla nausea direi che è la cosa più simile all’improvvisazione così come l’ho descritta sopra. Invece per “L’improvvisatore” ho utilizzato una tecnica di colorazione digitale. Per una serie di motivi che vanno dalla velocità (era il mio primo libro e la paura di “rimanerci sotto” era alta) alla possibilità di essere aiutato da collaboratori, che si riconduce immediatamente al primo motivo. Detto questo è vero che il mio assurdo carattere mi porta a misurarmi quasi esclusivamente con le cose che io ritengo di non sapere fare o di non sapere fare bene. Se c’è un buono psicanalista si faccia avanti, grazie.<br />
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<strong>Fra le altre cose, realizzi illustrazioni, per le quali – leggo sempre nel tuo blog – hai ormai acquisito una sorta di tecnica, che nel fumetto invece non hai ancora ottenuto: in cosa consiste e perché ti è più difficile per il fumetto?</strong><br />
Per il motivo appena detto. Credo che il fumetto non mi sia così congeniale come l’illustrazione e quindi ci sbatto contro continuamente, come la mosca di Pazienza sulla lampadina. Sento di aver appena cominciato il discorso e la tecnica è in continua mutazione. Mi lascio suggestionare da molte cose e piango lacrime amarissime su quello fatto appena ieri. Trovo soluzioni definitive che durano lo spazio di un mattino. Ricomincio da capo (le prime sei tavole dell’Improvvisatore sono state disegnate 5 volte con tecniche sempre differenti), mi pento, <a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjWQwN2XOWVZGad475DbK092r0xWo9JI-AREn0ySPSfH9AbPKS91POce0LEkERRnxDaELrIlTP7C_ZzdeY39JTRzifC948Vc0dxePYJVsMp4s75fP_xF27HecN6GfvuDlm4EwGcnG3Tb6I/s1600/capitolo2+copy.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; cssfloat: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" nx="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjWQwN2XOWVZGad475DbK092r0xWo9JI-AREn0ySPSfH9AbPKS91POce0LEkERRnxDaELrIlTP7C_ZzdeY39JTRzifC948Vc0dxePYJVsMp4s75fP_xF27HecN6GfvuDlm4EwGcnG3Tb6I/s1600/capitolo2+copy.jpg" /></a><br />
strepito. Mi diverto molto.<br />
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<strong>I dialoghi sono perfettamente calibrati, non diluiti in periodi monotoni, non concisi in frasi spezzate. La scelta delle parole è fondamentale sempre. Immagino che lo sia a maggior ragione per un appassionato di poesia. A che punto arrivano i dialoghi nel tuo percorso di lavorazione e come lo influenzano?</strong><br />
La poesia è un punto di riferimento importante nella mia scrittura. Forma e sostanza almassimo livello (la poesia, non la mia scrittura). Quando scrivo, i dialoghi arrivano prima di tutto il resto. Ho già detto altrove che la storia comincia quando comincio a “sentire le voci”. I personaggi mi si presentano solo attraverso la loro voce, e io cerco di lasciarli parlate tra di loro. Solo dopo un po’ comincio ad appuntare i dialoghi, ma solo quelli. Per molto tempo le mie storie sono solo personaggi che si parlano, la drammaturgia, se c’è, scaturisce tutta fuori dalle loro parole e dai loro silenzi.<br />
Nella prima fase anche quando c’è una scena in cui qualche personaggio non parla, non scrivo nulla di quello che fa, scrivo solo che sta zitto.<br />
<br />
...L'intervista continua sul numero 11/2010 di <a href="http://www.satura.it/">Satura</a> e prossimamente su questo blog. <br />
A presto,<br />
Manuelaemmehttp://www.blogger.com/profile/18402574814340462580noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-8073011521308781529.post-65740310731748467912010-10-16T00:30:00.000-07:002010-10-16T00:30:42.358-07:00Sfogliando... Made in India<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiTlgIVu0Pxrjk2FMk9b20VZnnNR1FLUS_tQWVHlvulbBTrsf92vAlow7zddJMbpD8Q3EZETtTitEZxOGbADebhZprReLZZsFzttWOFqvIcghNvd7tfY-m_9zPM6-VklFAMYZcvSyEn00Q/s1600/madeinindia.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" ex="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiTlgIVu0Pxrjk2FMk9b20VZnnNR1FLUS_tQWVHlvulbBTrsf92vAlow7zddJMbpD8Q3EZETtTitEZxOGbADebhZprReLZZsFzttWOFqvIcghNvd7tfY-m_9zPM6-VklFAMYZcvSyEn00Q/s1600/madeinindia.png" /></a></div><br />
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Avete figli, nipotini, qualcuno con cui giocare? <br />
Perché è finalmente uscito MADE IN INDIA, il libro edito dalla Sagep che vi illustrerà come far divertire <br />
i vostri piccoli con alcuni simpatici lavoretti a base di carta, colori... e fantasia!<br />
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Gli stessi lavoretti che l'autrice, Elisa Rosa, ha realizzato insieme ai bambini della Cathedral Free Primary School di Chennai, durante gli anni trascorsi con la sua famiglia nell'India del sud.<br />
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Un'esperienza che ha dato molto: a Elisa e ai bambini, e che adesso ha la possibilità di proseguire con questo libro, perché i proventi verranno interamente devoluti alla scuola (<a href="http://thechildrenofcathedral.blog.fr/">http://thechildrenofcathedral.blog.fr/</a>).<br />
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Made in India, di Elisa Rosa, Ed. Sagep (2010) - 64 pagine, 15 €emmehttp://www.blogger.com/profile/18402574814340462580noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8073011521308781529.post-51495744766144605672010-10-10T12:34:00.000-07:002010-10-10T12:34:12.565-07:00Screen/ing - Departures<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj2XgiEEOkQyx8YHIEBf8E_p0mcpuqJskESls5KUidnnWbq_n20nD8U-xqI1VAE_Bcjr52mrhpo_zq3dLvZtZ4AuoRRwQCnx5hZwdSHioe9LNz_kEBbHNQDEKMRmclXRpROWy7aT2RYL5c/s1600/imm.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" ex="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj2XgiEEOkQyx8YHIEBf8E_p0mcpuqJskESls5KUidnnWbq_n20nD8U-xqI1VAE_Bcjr52mrhpo_zq3dLvZtZ4AuoRRwQCnx5hZwdSHioe9LNz_kEBbHNQDEKMRmclXRpROWy7aT2RYL5c/s1600/imm.jpg" /></a></div>La storia di Daigo, violoncellista disoccupato che torna al suo paese d'origine per cercare un nuovo lavoro e ritrova se stesso facendo i conti col passato. <br />
In tre parole, la trama di Departures - premio Oscar come miglior film straniero nel 2008 - si potrebbe riassumere così, ma in realtà la bellezza di questo film risiede proprio nell'inusuale rappresentazione di questo classico rito di passaggio che è la ricerca di sé.<br />
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Il nuovo lavoro di Daigo in un'agenzia funebre, infatti, sottolinea - in modo assolutamente piacevole visto il tema - l'importanza di una partenza serena: per chi muore, per chi resta, per chi deve ricostruirsi una vita.<br />
E lo fa attraverso la sacra rappresentazione della tradizione giapponese dell'ultimo saluto ai defunti, un rituale composto ed elegante come solo i giapponesi sanno essere, che non fa ricorso né al macabro né all'ironia spesso utilizzati per affrontare questo tema. <br />
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Un film poetico e per nulla scontato: insomma, imperdibile.<br />
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E visto che sono in tema di "neo"classici, a chi non li avesse ancora letti consiglio di correre a tuffarsi fra le pagine di Pastorale americana (P. Roth, Einaudi) e La versione di Barney (M. Richler, Adelphi).emmehttp://www.blogger.com/profile/18402574814340462580noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-8073011521308781529.post-32775097629612144792010-08-01T07:06:00.000-07:002010-08-04T02:03:42.777-07:00In vacanza con... L’improvvisatore di Sualzo<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjraYMQ6oPJ6tMg6QGjVgi8_M7-OvHo_PySTWmOLKIe9QI4ZRIHZCRF3G5gGkzq0GyQHPaPrEhmlVAeOOHzXuybvbggSbdfM1gFYvhE1lLe9JlqHpyX_6nn_H5soSI20vVrFVUKE1JsyTY/s1600/l'improvvisatore.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" bx="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjraYMQ6oPJ6tMg6QGjVgi8_M7-OvHo_PySTWmOLKIe9QI4ZRIHZCRF3G5gGkzq0GyQHPaPrEhmlVAeOOHzXuybvbggSbdfM1gFYvhE1lLe9JlqHpyX_6nn_H5soSI20vVrFVUKE1JsyTY/s320/l'improvvisatore.jpg" /></a></div><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;">In vacanza i pensieri prendono il volo. La mente – più libera - inizia a giocare con le proprie idee, le proprie aspettative, fantasticando di metterle in atto seriamente non appena le foglie ricominceranno a coprire l’asfalto. Per questo in vacanza il compagno ideale è un amico che, come noi, ami sognare ad occhi aperti: per questo, il compagno ideale è “L’improvvisatore” di <a href="http://iodisegno.blogspot.com/">Sualzo</a>, storia semi-autobiografica di un uomo e di un sogno. Elia vorrebbe diventare un famoso suonatore di jazz, ma chissà se questa è anche la vita che il destino vorrebbe per lui… forse no, ma l’importante è saper improvvisare. </div><br />
Un libro incantevole (come già fa intuire il <a href="http://rizzoli-lizard.blogspot.com/2009/09/limprovvisatore.html">trailer</a>... ), cui non basta il poco tempo, fatto a volte di soli minuti, che gli si può concedere d’inverno prima di andare a dormire, o sul treno andando al lavoro o ancora, in una frettolosa pausa pranzo: perché non è questo il tempo che si concederebbe a una poesia. E questa graphic novel, che fa ridere e commuovere al contempo, merita di essere letta con la stessa concentrazione di un’opera in versi.<br />
<br />
Al Festival di Lucca, l’anno scorso, Sualzo autografava le copie del suo romanzo insieme a suo figlio. È lì che ho iniziato a pensare di intervistarlo per la rivista con cui collaboro e un mese fa è successo. Gli ho chiesto ad esempio… <br />
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… <em>Quali sono le principali influenze nel tuo lavoro? In campo letterario e cinematografico, per esempio. Le citazioni nel libro ti direbbero lettore onnivoro: da Goethe a Pessoa a Bloch (Arthur, l’autore statunitense famoso per la Legge di Murphy). Mentre al cinema, ne “L’improvvisatore” danno Annie di Woody Allen… </em><br />
<br />
… <em>Per il dizionario Zanichelli “improvvisare” significa “tenere un discorso, comporre versi, musica per immediata ispirazione, senza studio o preparazione”. Questa definizione unisce oratoria, poesia e musica. Dando per assunto che siano arti in cui ci si deve saper destreggiare. Bisogna aggiungervi il fumetto? O la vita in generale?</em> <br />
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Per sapere cosa mi ha risposto a queste e alle altre domande dovrete aspettare la fine di settembre. <br />
Nel frattempo, non perdetevi “L’improvvisatore” (Sualzo, 2009, <a href="http://lizard.rcslibri.corriere.it/libro/3533_l_improvvisatore_sualzo.html">Ed. Rizzoli Lizard</a>).<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br />
</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjsqn4m_vCCsl4-h9bLEWDpP_AEeYEIXca5GEopkCkAf5VZ29mNoYHuE77ZWz03R_wKB9972WIUSt213OlZCxSCoo5qeQn9s8LlG8aWuSd47cPS7nxYxwB6N60JYuLPNUlgZIsqm5DaDuQ/s1600/tav56.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" bx="true" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjsqn4m_vCCsl4-h9bLEWDpP_AEeYEIXca5GEopkCkAf5VZ29mNoYHuE77ZWz03R_wKB9972WIUSt213OlZCxSCoo5qeQn9s8LlG8aWuSd47cPS7nxYxwB6N60JYuLPNUlgZIsqm5DaDuQ/s400/tav56.jpg" width="322" /></a></div><br />
"Questo post partecipa al contest di Rizzoli Lizard - <a href="http://rizzoli-lizard.blogspot.com/2010/07/vinci-un-fumetto-lo-scegli-tu.html">Il Fumetto da portare in Vacanza</a>".emmehttp://www.blogger.com/profile/18402574814340462580noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8073011521308781529.post-10545692966086887222010-07-12T02:54:00.000-07:002010-07-26T03:45:44.406-07:00L'intervista - VANNA VINCI<strong><span style="color: #a64d79;">RITI DI PASSAGGIO: </span></strong><strong><span style="color: #a64d79;">IL MONDO A BIVI DI VANNA VINCI</span></strong><br />
di Manuela Capelli<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEggc_Vilj2scrDPsEFFYObsCzzEreebDL_bjp1BD1cwphQ7eMJH9aYHaE4xXHGVq5s9HTRkKiIa7FsGe5OQQZesZLexGnWmzEStXLfjAtNVFfqgiTRRDD6rme13cCeCk54eyngQ1T2BRHc/s1600/9.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" rw="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEggc_Vilj2scrDPsEFFYObsCzzEreebDL_bjp1BD1cwphQ7eMJH9aYHaE4xXHGVq5s9HTRkKiIa7FsGe5OQQZesZLexGnWmzEStXLfjAtNVFfqgiTRRDD6rme13cCeCk54eyngQ1T2BRHc/s320/9.jpg" /></a></div><br />
“Riti di passaggio” è un libro di William Golding che ho letto all’epoca dell’Università, ed è il titolo che mi è venuto subito in mente per descrivere il complesso universo di storie di Vanna Vinci, autrice di fumetti dalla<br />
carriera ventennale. Sia perché ricalcare il titolo di un’opera famosa per le graphic novel è una delle peculiarità di Vanna, sia perché ogni sua opera narrativa è ambientata durante uno di questi riti che l’antropologia definisce come gli inevitabili cambiamenti della vita di ognuno, quelle tappe fondamentali che permettono di crescere. È in quest’ottica che si leggono le storie di Vanna e delle sue protagoniste, giovani donne – confuse e infelici – che si trovano ad affrontare momenti di transizione sia mentali che fisici. Come l’autrice, infatti, cagliaritana di nascita ma bolognese d’adozione, le varie Aida, Agnese, Rosa, Gilla si spostano dalla propria città natale verso nuove mete che le accoglieranno per motivi di studio o di cuore. Perché quello che Vanna vuole indagare è l’animo umano. E, in particolare, tutti quei dubbi da cui si viene spesso assaliti, a volte schiacciati, a volte spronati. Come nella sua ultima opera, “Gatti neri Cani Bianchi” in cui Gilla, trasferitasi a Parigi per scoprire se nuovi studi, nuove persone o una nuova città potranno dare un senso alla sua vita, riuscirà a fare il punto su se stessa – e neanche poi completamente - solo grazie all’incontro di tre fantasmi. Non sono sufficienti le persone vive, reali, concrete, a indicarci la via? No, pare essere la risposta. Le strade da intraprendere nascono dentro noi stessi, magari aiutati da figure che solo la nostra mente è capace – o crede – di vedere. Al punto che i fantasmi compaiono come presenza ricorrente, così come fanno fugaci comparse i vampiri – in “L’altra parte”, dove una giovane umana e un diafano vampiro cercano il lato diverso da sé - e l’alchimia. Vanna ama il buio, quindi, l’oscuro, reso anche graficamente da un potente alternarsi di bianco e nero. Ma Vanna ama anche la luce. Svelando una doppia personalità: di notte (o forse di giorno) profonda e malinconica, di giorno (o forse di notte) ironica e mordace. Entrambe, comunque, filosofiche come la “Bambina” che le ha dato gli onori della fama.<br />
“Nata casualmente su un tovagliolino in un pub del dopocena”, la Bambina filosofica inizia ad aggirarsi<br />
dapprima fra le pagine di Mondo Naif (la rivista d’autore di Kappa Edizioni) per poi spiccare il volo, e ampliare la parlantina, su volumi tutti suoi. Laddove infatti le sue prime parole ricalcavano famose citazioni di personaggi del calibro di Totò e Karl Kraus, nelle sue strisce più celebri la Bambina si mostra appieno, rivelandosi effettivamente pessimista, ma anche tanto scorbutica (“E se prendessimo in considerazione l’idea di un precettore?” pur di non vedere i compagni di scuola) quanto fashion victim (non faccio un passo senza un paio di sandali di Gucci). Due aspetti, il buio e la luce, dicevamo diametralmente opposti. Due aspetti che, come tutti gli opposti, fusi creano un unicum estremamente interessante. Come insegna il Giappone (e Vanna Vinci cura l’editing di “One Piece”, il manga di EiichiroOda pubblicato in Italia da Star Comics).O come l’unione dei due stili che hanno caratterizzato la sua formazione artistica: un ibrido di manga e Pratt (“avevo letto le storie brevi di Corto Maltese... mi avevano talmente impressionato che ho passato un anno solo a copiare le facce dei personaggi, per imparare come erano fatte”, leggo in un’intervista).<br />
Senza Corto Maltese, oggi non ci sarebbe Vanna Vinci. Ma neanche senza gli occhioni squadrati di Lady Oscar. Due muse – cui si possono aggiungere anche Ronald Searle “il disegnatore che preferisce in assoluto”, Crepax e Battaglia – che conferiscono quel tratto fra il nipponico e l’italiano che è il suo segno distintivo, sempre puro e pulito, costituto da “almeno due o tre linee sovrapposte. Il tratto, anche se cambia, secondo me all’origine è sempre lo stesso, graffiato e indurito emultiplo”. Un tratto che, ovviamente, con il tempo subisce delle variazioni, cresce insieme alla sua mano, dando vita, sull’impulso del momento e mai in modo programmatico, a scene zeppe di oggetti prima, poi a vignette spoglie e poi ancora su sfondi pieni e ricchi. Ricchi come il mondo interiore che mira a rappresentare.<br />
<strong><span style="color: #a64d79;">Partiamo dalla fine. Nel tuo ultimo romanzo la protagonista afferma: “Sradicata, persa.. ecco come mi sento…”. La protagonista è, di nuovo, una ragazza al bivio. È davvero solo una condizione tipica della giovinezza? O non si smette mai di sentirsi in un bivio?</span></strong><br />
Non lo so... Ma spero che non si smetta mai di nutrire dubbi e sentirsi imperfetti. Certo credo che in una condizione di passaggio da una fase adolescenziale e quella adulta, questa sensazione sia più evidente, più espressa. Nel caso di Cicci, che ha varato i sessanta, la sensazione presumo sia uguale, anzi, di maggiore sconcerto... Ma in sessant’anni lei avrà imparato a fare almeno in parte, finta di nulla, a non dare a vedere di essere spaventata... In ogni caso mi interessano i riti di passaggio e i personaggi che attraversano queste fasi. Mi piace aspettarmi qualcosa di inconsueto e irrazionale da parte dei personaggi, che facciano qualcosa che non farebbero in una condizione normale o stabile. <br />
<strong><span style="color: #a64d79;">Sempre in “Gatti neri, cani bianchi”, si leggono sia le parole di Beckett (tratte da “L’ultimo nastro di Krapp”): “Forse i miei anni migliori sono finiti. (…) Ma no, non li rivorrei indietro” sia la frase (da un 50enne, ndr): “e sai qual è la cosa più assurda? È che se non ti guardi allo specchio, ti senti ancora come quando avevi vent’anni”. Tu in quale ti identifichi di più?</span></strong><br />
In nessuna delle due. Senz’altro non mi sento come quando avevo vent’anni, né mi vedo così, né sono così... Ma nemmeno credo che i miei anni migliori siano finiti. Mi sento cresciuta, ma in movimento, in sviluppo... Come un bruco... Mi spunteranno alla fine le ali? E nel caso... Riuscirò a farle stare sotto<br />
le giacche e i cappotti? Sarò farfalla, falena, mosca, zanzara, ape, vespa, gabbiano, piccione o pterodattilo? O gallina? <br />
<strong><span style="color: #a64d79;">Dici che “scrivi sempre la stessa storia”: i tuoi romanzi, la tua fantasia sono rivolti piuttosto verso un passato sfumato nei toni del blu, inteso - all’inglese - come malinconia, che verso un futuro potenzialmente roseo?</span></strong><br />
Sì, ho scritto diverse volte la stessa storia, come molti prima di me… cambiandola, potenziandola, definendola. Ma i miei romanzi parlano sempre del presente, di un lasso di tempo ridotto, di momenti, al<br />
limite delle influenze che il passato può avere sul presente…ma mai del futuro… <br />
Prima di tutto perché io non penso e non ho mai pensato al futuro... Non ci riesco e non ci credo nemmeno... Non ho idea di quello che potrebbe arrivare o succedere... è roba per chiromanti o preveggenti. Se devo mettermi a pensare al futuro, mi leggo i tarocchi, o l’Oracle Belline. Fondamentalmente mi interessa solo il presente, o un futuro molto prossimo, parlo di giorni o settimane... Il passato è una cosa interessante, si può analizzare da diecimila punti di vista e molti episodi, o sensazioni salgono alla superficie molto tempo dopo. È come un baule pieno di roba, e frugarci non è poi tanto male...Del resto il passato è quello che siamo e siamo stati e produce effetti sul presente. Sì, a volte posso sentire della malinconia, ma è una condizione che fa parte del mio dna, è qualcosa di familiare, che conosco...Ma è qualcosa in cui evito di infangarmi. <br />
<strong><span style="color: #a64d79;">Quale dei tuoi romanzi metteresti sul podio in un’ipotetica graduatoria? Quale pensi rifletta al meglio le tue doti di narratrice e quale quelle di disegnatrice? </span></strong><br />
Non so rispondere. Sono tutti “pezzi ‘e core”… L’ultimo è sempre quello che mi pare più evoluto e complesso. Posso dire senz’altro però che Aida al confine è stato un crinale, un punto di maturazione e di passaggio. <br />
<strong><span style="color: #a64d79;">I tuoi titoli sono sempre evocativi (Guarda che luna, Doppio sogno, ndr). Anche quest’ultimo è un riferimento a qualche opera in particolare? E da cosa deriva la scelta di instaurare questo gioco con il lettore? Agganciarlo con qualcosa che il suo inconscio riconosce?</span></strong><br />
La verità è che io sono una vera schiappa coi titoli. Spesso li ho ripresi da opere o da canzoni che mi piacevano. “Gatti neri cani bianchi” è legato alla storia, e anche a un’idea strettamente personale. Io sono<br />
assolutamente scettica e non ho mai visto un fantasma o un’apparizione spettrale, però, a pensarci, se dovessi vedere qualcosa di trascendente e immateriale, credo che si paleserebbe come un gatto nero e<br />
peloso, forse anche un po’ vecchio e spelacchiato o un cane bianco tipo spinone che passa veloce vicino al pavimento andandosene per i fatti suoi... Da qui il titolo. È un po’misterioso, ma del resto i fantasmi lo sono, no? <br />
<strong><span style="color: #a64d79;">Vanna Vinci e la città: sembri avere un rapporto privilegiato, nei tuoi romanzi, con l’ambiente urbano. Cosa rappresenta per te? Semplicemente il tuo mondo o anche, secondo te, il maggior crocevia di vite – e </span></strong><strong><span style="color: #a64d79;">di storie - possibile?</span></strong><br />
Io sono affascinata dalle città, dai paesi, dai villaggi, dagli agglomerati urbani…dal paesaggio prodotto dall’uomo. Sono urbana anche come indole. Non amo molto la campagna…per carità, mi piace, ma la città<br />
è il posto che preferisco. La amo e mi fa paura. Mi ci muovo come se fossi trasparente. Camminare in mezzo alla gente mi fa entrare in contatto con me stessa. Sentirmi sola in mezzo alla gente, nel bene e nel male, è sempre importante per me. È come sentirmi viva anche se nessuno mi conosce. E poi le città sono spesso piene di strati: storici, architettonici, umani, letterari, psicologici… Nella città, nella casa, nel villaggio c’è tutto.Mi piace camminare per le città, e nonmi va di farlo in campagna o montagna. Mi piacciono le foto delle città, gli interni dei cortili, delle case, i negozi, le periferie, anche l’abbandono… mi piace l’umano... Ecco… se devo pensare a qualcosa chemi affascina in un certo qualmodo come l’umano, ma in modo piùmisterioso e remoto…è la terra, la roccia, e il mare. Stare a contatto col granito o la sabbia, vicino a quella enorme massa d’acqua piena di roba, è un’esperienza molto importante per me. Ma sono sarda…<br />
<strong><span style="color: #a64d79;">Fantasmi e alchimia: due elementi ricorrenti. Che si inseriscono tra l’altro nella moderna rappresentazione del quotidiano tipica delle tue storie in modo quasi contrastante. Cosa ti affascina dell’occulto?</span></strong><br />
Devo dire che pur non credendo in niente di occulto, la faccenda mi ha sempre interessato, mi incuriosisce. Ho raccolto un sacco di materiale nel corso degli anni, sempre pensando di usarlo per delle storie. Di fatto, come ho detto, fantasmi non ne ho mai visto. È chiaro che, come tutti gli scettici, ho fifa in certe occasioni.<br />
Ma anche la mente ha parti occulte… Di fatto i fantasmi mi servivano e mi servono, nelle storie, per saltare le generazioni. Far incontrare personaggi vivi con personaggi morti realisticamente sarebbe impossibile da attuare senza l’uso del fantasma o dell’immortalità. Poi, visto che in fin dei conti sono attaccata a terra, i miei fantasmi o i miei immortali sono esseri umani consistenti e materiali come i vivi, ammesso che i vivi lo siano… insomma tra fantasmi o immortali e vivi non ci sono grandi differenze nelle mie storie… Semplicemente i fantasmi, i vampiri o gli immortali hanno qualche segreto in più… Per quanto riguarda l’alchimia, be’, è un tema interessante, l’eterna giovinezza, l’eliminazione delle malattie e della morte… È un tema molto “umano”. È l’unico vero mistero di cui siamo effettivamente a conoscenza e per il quale non abbiamo trovato il rimedio o la spiegazione…L’alchimia è questo, definitivamente… <br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhHzoinj9I5HmZfqSfzJnSJXldb62JSqFq23TZ_A0f4zBbChzcmSs8hipiQ0ybVZl8qH_91CSIp4wyE0DjqZok74SJ3vkFX2bu5-q-V1NXFywNoyLIQBEpmLhgWNtnMwoV4sXXdOUDX8EU/s1600/100+copia.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" rw="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhHzoinj9I5HmZfqSfzJnSJXldb62JSqFq23TZ_A0f4zBbChzcmSs8hipiQ0ybVZl8qH_91CSIp4wyE0DjqZok74SJ3vkFX2bu5-q-V1NXFywNoyLIQBEpmLhgWNtnMwoV4sXXdOUDX8EU/s320/100+copia.jpg" /></a></div><strong><span style="color: #a64d79;">Non si contano i riferimenti in “Gatti neri, Cani bianchi”: musicali, letterari, architettonici, di moda. Quali influenze trovi imprescindibili nel tuo lavoro?</span></strong><br />
Mah…io sono un’ossessiva. E poi mi piace cercare…Se inizio una storia cerco tutto il materiale che posso trovare, se posso vado sul posto, se ci sono testi li leggo… Voglio essere completamente immersa<br />
nel brodo dei miei personaggi. Per la musica, poi… la ascolto mentre disegno. A volte rientra nelle pagine da sola, casualmente, perché magari in quel momento, mentre disegno, sto ascoltando quella canzone. Oppure la canzone è un trucco per definire l’atmosfera, per caricarla, per dare un altro dettaglio al lettore. Altre volte è uno scherzo, una componente ironica, oppure un commento alla vignetta o alla sequenza. <br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg8DoaVVK703woS_OMx6SRDxpWkMOIpHreXQs4AdLnA5mHB2LuZDSNmG1Arl-TO5fPw88BBtBC2K6IZNA5HLUFscULiC6M8ZjiidHGmErf5Cpu8HeqOEjQWd21EKHwPWDHFmUX5iAeGV6o/s1600/cvr+Gattineri1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" rw="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg8DoaVVK703woS_OMx6SRDxpWkMOIpHreXQs4AdLnA5mHB2LuZDSNmG1Arl-TO5fPw88BBtBC2K6IZNA5HLUFscULiC6M8ZjiidHGmErf5Cpu8HeqOEjQWd21EKHwPWDHFmUX5iAeGV6o/s320/cvr+Gattineri1.jpg" /></a></div><strong><span style="color: #a64d79;">Ho letto in qualche intervista che hai la tendenza a non buttare mai via niente e a raccogliere oggetti “come le bestioline del sottobosco che ficcano nelle loro tane di tutto”. La descrizione particolareggiata che fai degli ambienti ne è una conseguenza?</span></strong><br />
Chissà, è probabile… non ci avevo pensato… Di sicuro ho l’horror vaqui e sono disordinatissima e dedita all’accumulo… però che questa caratteristica, chiamiamola difetto, si ripercuota sui miei disegni… be’, mi sembra interessante e possibile. Ci rifletterò.<br />
<strong><span style="color: #a64d79;">Il linguaggio, la scelta delle parole, a che punto entrano in scena, fra le fasi di realizzazione?</span></strong><br />
<strong><span style="color: #a64d79;">Soprattutto visto che sul tuo sito affermi di non scrivere una vera e propria sceneggiatura. Quanto ritieni importante questo aspetto?</span></strong><br />
L’iter di lavorazione è questo: mi viene l’idea, che di solito è un momento, un fatto, un’atmosfera, poi scrivo una scaletta che correggo e metto a punto, tenendo conto delle pagine che ho a disposizione. Poi scrivo questo lungo trattamento che è un misto di descrizioni di azioni, atmosfere e luoghi e di dialoghi. Qui entrano in gioco le parole. Qui mi occupo di come parlano i personaggi. A volte, spesso, quando comincio a disegnare, il dialogo viene frammentato (ho orrore dei balloon molto pieni o troppo grandi), e spesso trasformato o tagliato o allungato. I dialoghi sono azioni, sono fondamentali quanto le sequenze… Le parole sono discriminanti. Le parole chiariscono, attaccano, obnubilano, disperdono… Correggo le parole fino all’ultimo…<br />
<strong><span style="color: #a64d79;">Lasciamo un attimo la parte testuale e passiamo ad altri linguaggi: tu che il computer, leggo, lo usi “solo per scrivere le storie e le mail” in che punto ti poni nella linea tra pittura e fumetto?</span></strong><br />
Ah…io mi pongo sul fumetto. Non ho mai fatto pittura. Io mi occupo di sequenze. Di racconti disegnati in sequenza, fatti per essere stampati. L’originale è irrilevante. Non me lo immagino incorniciato.<br />
<strong><span style="color: #a64d79;">Vanna e il Giappone: che rapporto c’è? Va oltre la pura contaminazione grafica? Il Paese apparentemente tanto formale ma anche estremamente passionale influenza le tue storie? Ovvero, l’ispirazione è anche culturale?</span></strong><br />
Io sono della generazione che ha visto Goldrake alla scuole medie. Non posso negare l’influenza che il Giappone ha avuto sui miei fumetti e su di me. Ma, a pensarci adesso, credo che quello che ha avuto<br />
più influenza reale, e non solo di fascinazione, sono stati Pratt, Crepax, Searle, Battaglia, Schulz, Salinger, Bernhard… l’Occidente insomma… Poi non posso negare che il cartone animato di Lady Oscar, o alcuni Shojo Manga un po’ vecchi e l’impaginazione libera siano stati per me fondamentali… ma il Giappone<br />
è davvero molto molto lontano… È una cultura complicata e lontanissima. Di cui non so poi molto.<br />
<strong><span style="color: #a64d79;">Per concludere, vorrei sapere: qual è la vera personalità di Vanna Vinci? O, per dirla in altri termini, quando viene fuori l’autrice satirica e quando la narratrice malinconica? Si sovrappongono quotidianamente o vengono alimentate da particolari momenti di vita?</span></strong><br />
Oddio, io non so definire la personalità di Vanna Vinci. I due aspetti si sovrappongono, sono entrambi veri, cioè a tratti autobiografici. Come tutti, a volte sono di umore negro…altre volte sono umoristica, altre sardonica…La vita, gli eventi c’entrano sì e no… Se posso dire una cosa personale: la bambina filosofica è un’autobiografia. Le altre storie pure… Non saprei quale delle due sia quella seria…Certo… la bambina mi assomiglia parecchio…<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiVIHBorD2WVenZysAEdcRQQCYJ4JEGMRpLkMgj11qLlJsoxzjJUjg2SK89-JUIHFp2M7A_SFLJCzS03X9UcBBTB4TnH5U4wCKCVJrUeBSkygpSmTcO2R7IPmTcnXUuRRCG2S6Bay7_tyY/s1600/cause+perse.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" rw="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiVIHBorD2WVenZysAEdcRQQCYJ4JEGMRpLkMgj11qLlJsoxzjJUjg2SK89-JUIHFp2M7A_SFLJCzS03X9UcBBTB4TnH5U4wCKCVJrUeBSkygpSmTcO2R7IPmTcnXUuRRCG2S6Bay7_tyY/s320/cause+perse.jpg" /></a><br />
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<strong><span style="color: #a64d79;">CENNI DI BIOGRAFIA</span></strong><br />
Esordisce nel mondo del fumetto nel 1990. Sulla rivista Nova Express pubblica L'altra parte e Doppio sogno. Realizza con Giovanni Mattioli, Guarda che luna, Una casa a Venezia e L'età selvaggia,<br />
vincitore del Premio <a href="http://www.romics.it/">Romics</a> 2001 come miglior libro di scuola europea.<br />
Pubblica i romanzi a fumetti Ombre, Lillian Browne, Viaggio sentimentale, Aida, Sophia la ragazza aurea e Sophia nella Parigi ermetica e Gatti neri cani bianchi. Come autrice satirica ha realizzato <br />
tre volumi de <a href="http://www.labambinafilosofica.it/">La Bambina Filosofica</a>.<br />
I suoi libri a fumetti escono in Italia per Kappa edizioni e in Francia per Dargaud. Come illustratrice per ragazzi ha collaborato con Fabbri e Battello a Vapore, fra gli altri. Nel 1999 ha vinto il Premio Yellow Kid come miglior disegnatore italiano e nel 2005 il Gran Guinigi di Lucca Comics come miglior disegnatore.<br />
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Tutte le immagini sono di esclusiva proprietà di <a href="http://www.vannavinci.it/">Vanna Vinci</a>.<br />
L'intervista è uscita sul numero 2/2010 di <a href="http://www.satura.it/download/pdf/rivista_satura/Satura%2010-2010.pdf">Satura</a>emmehttp://www.blogger.com/profile/18402574814340462580noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8073011521308781529.post-37338420959370361822010-06-23T12:35:00.000-07:002010-06-23T12:37:57.638-07:00La citazione<div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;">"Un romanzo non è un'allegoria" dissi verso la fine della lezione. "E' l'esperienza sensoriale di un altro mondo. Se non entrate in quel mondo, se non trattenete il respiro insieme ai personaggi, se non vi lasciate coinvolgere nel loro destino, non arriverete mai a identificarvi con loro, non arriverete mai al cuore del libro. E' così che si legge un romanzo: come se fosse qualcosa da inalare, da tenere nei polmoni. Dunque, cominciate a respirare."</div><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;">Azar Nafisi, Leggere Lolita a Teheran</div><div class="separator" style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none; clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhpGC_J7VUsZIHb9oNhf9ytLkF5tEF67UYQtnrsrUT7ucgxhWfWYXi504gqhWOUEstI6WDrhheCBXtI-_uGzi6hlS_U-_G2jXQxoog6-LrqRzETrR3ikaAeX1pwbufL5-Cli02mAdLwcBI/s1600/leggere+lolita+a+teheran.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" ru="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhpGC_J7VUsZIHb9oNhf9ytLkF5tEF67UYQtnrsrUT7ucgxhWfWYXi504gqhWOUEstI6WDrhheCBXtI-_uGzi6hlS_U-_G2jXQxoog6-LrqRzETrR3ikaAeX1pwbufL5-Cli02mAdLwcBI/s320/leggere+lolita+a+teheran.jpg" /></a></div>emmehttp://www.blogger.com/profile/18402574814340462580noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8073011521308781529.post-77456951085591191692010-06-01T02:30:00.000-07:002010-06-01T02:30:53.627-07:00Sfogliando...<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgsdXCzXIJOup7_amIBBn-lvICbZfdXpjBvLvDoYdmkGXBeSF5DsnxRYviVvoLGweY2T7Rt-4Wcj6nxmjRCbAjn2UYSWftIKYIjLw6-PwsRWg_iJ2Tr0znsp3NIwFq2FoYy2i5ONG5HHRg/s1600/me657_big.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" gu="true" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgsdXCzXIJOup7_amIBBn-lvICbZfdXpjBvLvDoYdmkGXBeSF5DsnxRYviVvoLGweY2T7Rt-4Wcj6nxmjRCbAjn2UYSWftIKYIjLw6-PwsRWg_iJ2Tr0znsp3NIwFq2FoYy2i5ONG5HHRg/s200/me657_big.jpg" width="140" /></a></div><br />
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La sera della partita inter-nonmiricordo invece, ho letto "Il caso del lituano" della scrittrice spagnola Giménez-Bartlett: tre racconti (che di solito non amo ma sono la formula ideale se non sai quando finiranno i festeggiamenti per la coppa...) che vedono una sagace ispettrice risolvere piccoli casi di malavitosa quotidianità battibeccando - come nella miglior tradizione - con la sua spalla. Un'ideale lettura estiva. Soprattutto in vista dei mondiali.emmehttp://www.blogger.com/profile/18402574814340462580noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8073011521308781529.post-8585513669049229242010-05-06T05:00:00.000-07:002010-05-06T05:00:29.809-07:00INNO - ATTO SECONDOCorrendo sotto i piloni della sopraelevata si sentiva un po’ Al Capone: quante volte aveva visto vecchi film di gangster che si inseguivano mitra al braccio? Anche lui stava scappando, ma da se stesso. Per la prima volta, aveva perso il senso. Era successo pian piano, scendendo sui ciottoli diversi a ogni passo: terrosi in collina, dove aveva scelto di vivere per aprire ogni giorno gli occhi su quel mare infinito, sporchi nei vicoli, con quel mix di pesce e curry nell’aria, lisci e tondi sulla riva cittadina. Poi il lavoro, il divorzio, il lavoro. Il divorzio. Correndo, era arrivato al molo: con un traghetto, sarebbe potuto fuggire lontano. Fu allora che il fiatone si trasformò in un profondo sospiro in grado, oltre che di dargli ossigeno, di sentire. La solita, maledetta, aria. Da cui non poteva neanche pensare di riuscire a staccarsi. La solita, magnifica, Genova. Il suo solo senso.<br />
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se lo volete votare...<a href="http://campercitytelling.com/it/393/inno-atto-secondo/">campercitytelling.com</a>emmehttp://www.blogger.com/profile/18402574814340462580noreply@blogger.com0